Lonely boy

Non sono solita dilungarmi in descrizioni di persone realmente esistenti, tanto lunghe da rendere possibili identificazioni, forse per il terrore che mai un giorno per una strana congiunzione astrale tale persona leggerà o verrà messa a conoscenza di tale menzione.

Fatto un breve conto dell’utenza di questo blog, del numero di persone nel mondo, del numero di persone che parlano e leggono l’italiano, delle possibilità che la mia descrizione sia così perfetta da far stagliare una sola figura tra tutte le possibili nel mondo e moltiplicando il tutto per un classico “fattore sfiga”, direi che mi posso permettere questa deviazione dal solito chiacchiericcio.

Allora, iniziamo dalla notte dei tempi. Era l’agosto del 2010, io ero appena ritornata in questo buco di culo svedese ed ero in una profonda crisi perchè la mia amata Svezia non era più quella di una volta e stavo combattendo per ritornare ad avere una vita sociale decente. Ero ad una festa ed ecco che vedo entrare colui che qui chiameremo Lonely Boy: lì e in quel momento non ho capito più niente, se non che io con quel tizio ci dovevo assolutamente parlare (almeno!). E così ho fatto. Sono stata talmente brava da riuscire a iniziare una conversazione e a portarla avanti per un buon 30 minuti, staccando alla fine uno scambio di numero di telefono. Se ripenso a quella sera, ancora mi devo fare i complimenti per quello che sono riuscita a combinare e alla incredibile prontezza di spirito nonostante una certa concorrenza in giro. Applausi.

Non solo.

Non mi sono fermata al numero di telefono ma ho perseguito (o perseguitato!) altri appuntamenti, feste, passeggiate e giornate insieme con questa persona. Tutto per un buon nove mesi. Nove mesi in cui nonostante tutta questa parvenza di coppia non è successo niente. NIEN-TE! Al di là della personale frustrazione e cosciente che se non succedeva niente non era colpa del povero Lonely Boy ma in buona parte anche la mia.

Intendiamoci, non state leggendo le memorie di Claudia Schiffer, comunque ho sempre avuto un certo gradimento, specialmente da un pubblico di nicchia, popolato in particolare da persone che sono state definite da terzi come “socially awkward” e che potrei tradurre in italiano come “particolari”. Insomma, il classico “un tipo” con il quale comunque, a seconda del tipo appunto, sento di avere una certa sintonia.

Così dopo una serie di iniezioni di ottimismo fatte di corteggiamenti senza pudore da altri tipi, che però non erano il mio tipo, mi faccio coraggio e mi metto ancora in gioco in prima persona. Inizialmente volevo portarlo su una collina a bere una birra e lì, lontano dalla civiltà, sbattergli in faccia la verità che io ero persa per lui da tempo immemore. In realtà i 10 gradi a fine Maggio e il vento a 20 chilometri all’ora ci hanno fatto desistere dall’appuntamento bucolico per una più convenzionale birra in centro. Alla fine lo prendo da parte e collina o non collina lo metto davanti al fattaccio. Senti un po’, io qui ho gli ormoni impazziti di una sedicenne da nove mesi: vedi tu se vuoi approfittare di questa irripetibile occasione.

Come davanti ad ogni irripetibile occasione, la risposta è stata: “Guarda, ci penso”.

E no, per la cronaca alla fine non ha preso al volo l’occasione.

Io capisco che, come io possa considerare solo un fascia ristretta di tutta l’umanità per un’eventuale relazione, alla pari io non facevo parte di quella élite. Ma allora chi appartiene a quella fortunata categoria che si può fregiare del titolo di “Lonely Boy’s Doables”?

Oltre al tempo in cui ci frequentavamo, in cui immagino di essere stata l’unica concorrente per ovvie ragioni temporali logistiche, mi sarei aspettato di vederlo in giro con qualcun’altro in questi rimanenti mesi. E invece niente. Tante l’ho volte visto nella nostra (!?!) birreria ma solo insieme ai suoi soliti amici di sempre.

Tutta questa manfrina nasce proprio da ieri sera in cui dopo essere approdata alla suddetta birreria l’ho visto entrare dopo poco con uno dei suoi amici e da lì l’ho visto uscire dopo un paio d’ore con il suo amico così com’è entrato. E’ lecito chiedersi se un esemplare di una certa presenza, simpatia (e difficoltà sociale a qualche livello) non riesca, voglia o possa procacciarsi un suo pari con cui alleviare le sofferenze quotidiane per via della condivisione.

Le spiegazioni a questo irrisolvibile enigma sono varie ed eventuali. A dire il vero ho avuto tutto il tempo per pensare a quali problemi socio esistenziali possano avere un ruolo, non solo per il mio sonoro due di picche, ma anche e soprattutto per non concedersi a qualunque altro essere umano (di qualunque sesso).

Le ho fatte passare un po’ tutte: timidezza patologica, ancora vergine, amore finito malissimo alle spalle, amore finito malissimo con figli a carico, famiglia nascosta da qualche parte, misoginia latente, misantropia latente, possibili sindromi ossessivo-compulsive incompatibili con l’arrivo di un’altra persona, disturbi della personalità, malattia incurabile, ascetismo.

Insomma, caro mio, hai un problema? E se sì quale?

    • Frou

      Io mi rendo conto che tutta sta faccenda è un gran rimestamento di palle per chi legge 🙂 Purtroppo gli scarsi avvenimenti di questi mesi fanno rimestare a me le budella su queste cose successe secoli fa e quindi questo vi tocca.

  1. zuben71

    Le ragioni come tu dici possono essere molteplici ma dato che possiedi dei fenomenali strumenti di analisi, perché indirizzarli a beneficio di qualcuno che (triste, mi rendo conto) non ti vuole?
    Un abbraccio per il tuo rimestamento interiore 🙂

    • Frou

      E io ti do anche ragione, ma in assenza di altro si rimesta sul passato. Pare che il futuro riservi nuovi problemi, già ne vedo uno all’orizzonte! 🙂

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