Meh?
Da oggi e fino a giovedì sono l’unica abitante della mia casetta. La mia coinquilina è partita alla volta di Stoccolma e tra qualche giorno anch’io lascerò questa infida terra (in cui anche il 2 di Aprile può nevicare!) e me ne vado più o meno alle stesse latitudini ma in un’altra nazione, ma di questo parleremo poi.
Dicevo, la coinquilina, è partita e i topi, come noto, ballano.
Ma parliamo un po’ di questa coinquilina, che fino ad ora è stata ignorata su queste pagine!
Quando mi sono trasferita in questa casa ho avuto una serie di appuntamenti con questa ragazza (svedese ma di origine vietnamita). Come in ogni relazione che si rispetti siamo andate a cena una volta e giocandomi tutto il mio charme, chè nemmeno per l’uomo dei miei sogni sarei stata in grado di mettere in campo, faccio breccia nel cuore di questa tizia che mi sceglie come La Coinquilina tra il vasto audience di partecipanti provinati. Sò soddisfazioni. Dopo un po’, prima del trasloco, diventiamo amiche su facebook e vedo che abbiamo un “amico in comune”. Appena lo vedo gli comunico la bella notizia che ho trovato casa e che lui conosce la mia coinquilina. Al chè lui mi guarda con una faccia che urlava al mondo “MEH” e io chiedendo numi mi sono sentita rispondere ancora meh. Grazie per l’avvertimento, un pò criptico, ma grazie!
I primi mesi scorrono felici, con grandi chiacchierate serali. Poco dopo mi sono resa conto che non erano chiacchierate ma era lei che blaterava e io che stavo lì a prendere la polvere. Avevamo iniziato a cucinare il brunch della domenica mattina con le cose che avevamo in casa per curare i miasmi del fegato da post sabato sera ma poi la sua mania di perfezione e passione per le salsine tutta svedese lo hanno fatto diventare un concorso di gourmet con tanto di scarpinata al supermercato di domenica mattina per comprare quello che mancava. Ma allora dov’è finito il divertimento da prova del cuoco? Per non parlare della sua innata capacità a respirare l’aria altrui: innumerevoli autoinviti, pisciate fuori dal vaso e dirottamenti di feste. Ancora, quelle poche cose personali che ho dovuto condividere con lei non se le ricorda. Dato che sparivo per fine settimana interi per ragioni di cuore ho dovuto dirle che uscivo con quello o quell’altro. Adesso, capisco che non te ne possa fregare di meno se ti racconto cosa faccio al lavoro ma se ti do dei succosi gossip su persone che conosci non ti viene da ricordarti almeno il nome? Pare di no, perchè a sentire lei per un po’ di tempo sono uscita con un tale Wilson. Questo qui. A proposito di lavoro, lei è ancora studentessa (anche se è di un anno più vecchia di me) e dopo un periodo in cui andava in università abbastanza spesso ha detto “io non lo so come fai tu ad andare tutti i giorni in Università”. Dicesi “lavoro”, vengo lautamente retribuita per questo e non sono ne la prima ne l’ultima che lo fa. Però se arrivo a casa prima delle cinque e mezza mi arriva sulla porta e mi dice “Già a casa?”. Eh, sì. Oggi ero pigra e dopo otto ore di lavoro ho fatto fagotto e sono tornata, mi scuso con i contribuenti svedesi se oggi non sono rimasta più del dovuto e ho egoisticamente deciso di provare ad avere una vita al di fuori del laboratorio.
E tu, che sapevi, hai detto “meh”?
Nella mia infinita esperienza di condivisione degli spazi con altre persone, mi rendo conto che ciò di cui vado blaterando è tutto sommato un ritratto piuttosto roseo in tutta la variopinta sfera di casi umani con cui puoi finire sotto lo stesso tetto (Appartamento Pavese docet). Per questo mi lamento come un’anziana dei reumatismi, sapendo bene che se non ci fossero i reumatismi mi metterei a dire giaculatorie per i bruciori di stomaco, per la vista che cala o per il mal di testa.
Nel frattempo mi godo la temporanea solitudine. Musicappalla!
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