I think that I wanna be inside you when the sun goes down
Come non iniziare una fantastica settimana lavorativa cantando le peggio cose in laboratorio?
Ultimamente il mio lavoro è diventato un po’ ripetitivo e per non addormentarmi con la testa tra le provette ho bisogno di un aiutino. Per questo, grazie a Spotify e alla miriade di boiate che ti permette di ascoltare, mi sono messa in modalità “Pompa nelle casse” e ho iniziato a lavorare con un beat incalzante da sabato sera. Se a qualcuno interessa è questo qua.
Il problema della musica elettronica, secondo me, è che se sono concentrata sulla musica e sul suono mi annoio subito ma invece la trovo un ottimo sottofondo per lavori tediose, tipo faccende di casa e cinetiche enzimatiche.
Dopo un paio di canzoni già pipettavo a ritmo, ma arrivata alla canzone che c’è lì sopra (spero vivamente che l’abbiate già fatta partire, altrimenti questo è il momento!) ho iniziato a canticchiare. E nonostante un’eccellente padronanza dell’inglese, scarse doti da usignolo e una certa incompatibilità anatomica, ho espresso ad alta voce la propensione per certe attività ludiche al crepuscolo.
L’audience di questa performance fortunatamente non era nell’ordine di grandezza della platea di Glastonbury, per cui confido nel rumore delle macchine e nell’assorbimento nel lavoro del post-doc che ha presenziato a questo terribile momento. Per la cronaca il post-doc non si è presentato con una faccia alla “Buonaseeeeeeeera” verso le sei per cui dovremmo essere salvi.
PS: non temete, da domani la zarra che c’è in me si taglierà le vene per fare pendant con il nuovo disco degli Afterhours, già acquistato e in attesa di averlo tra le mani dal vivo. Per cui dite addio alle facezie che da adesso si cambia musica!
oh, questo è abbastanza interessante (emoticon con faccia perplessa). Dunque, detto che io son tamarrissimo dentro, per cui tutti stanno bene con la musica elettronica, e non ci stanno dentro con la musica elettronica, come dicevano gli amici di roland, è altro che vorrei dire. Questioni di privacy su internet. Per esempio, tu sai benissimo che tanto noi in italia spotify non lo possiamo usare. Con quel link alla playlist, ecco, noi di certo non arriviamo alla playlist (tanto non la possiamo usare). Però arriviamo a una pagina che dice “questa playlist è di #nome #cognome”. E per esempio mettendo #nome #cognome in fb viene fuori… ehm, tu.
Per cui. Sono abbastanza divertito dal fatto che ti leggo da anni e adesso so anche che faccia hai 😛 ma secondo me hai toppato, e questo post va corretto e magari anche il mio commento cancellato 😀 o non so, poi dipende, quanto ci si vuol far trovare oppure no 🙂 co che faccia ha frou *_*
Comunque piacere di averla vista ^^
…che dire?
Sinceramente non mi ero accorta della mia tracciabilità e del sordido modo in cui mi sono resa pubblica. Tuttavia, considerando il numero di visitatori di questo sito, le probabilità che qualcuno che mi può conoscere legga questo commento o faccia il tuo stesso percorso e aggiungendo una buona dose di sfiga, ne concludo che tu sarai l’unico che c’è arrivato. Quindi, chapeau 🙂
mi sa che ci sono più persone di quelle che pensi che seguono il link. Se vuoi che il blog rimanga anonimo, mia cara Xxxxxxx, ti conviene togliere il link. Hai pure un problema supplementare: se non ti sbrighi il mostro google arriverà a te e chi cercherà il tuo nome troverà il blog tra i risultati della ricerca. Se poi non hai velleità di anonimato, allora come non detto…
Ciao
Ok, la storia di google e della perdita della privacy mi ha fatto cagare un pò nei pantaloni e ho tolto tutti i link a Spotify. Nessuno dei miei conoscenti mi ha accennato al blog e adesso vivrò nell’ansia che qualcuno si approcci e mi dica, ti conosco: sei quella baggiana con il blog e la fissa per Spotify. E ti ho anche censurato il commento per quanto riguardava il nome.
Tack för tipsen min Italinesk vän och jag önskar dig en jättetrevlig helg.