Tuffo di testa

Questo post è prematuro, scritto in più puntate tra un venerdì sera, una domenica mattina e un lunedì sera. Ciò nonostante lo sto scrivendo e quindi, in qualche modo, corrisponde a verità. Parziale, temporanea verità che voglio imprimere da qualche parte, prima che me ne dimentichi e possa pretendere che questo non sia mai successo.

Quando lunedì scorso ho letto quella mail che mi chiedeva se volessi uscire con te mi sono sentita male. Mi sono detta: “Ecco, è successo ancora. Io non stavo cercando niente da te e tu hai pensato a chissà cosa: abbiamo parlato e io ho riso alle tue battute, tutto qui.”. Ho passato il pomeriggio rimuginando su quelle parole scritte,  sentivo distintamente quel nodino a metà esofago che mi compare ogni volta che vengo presa alla sprovvista e devo prendere una decisione di questo tipo.

La mail in questione era una delle mail più piacevoli che io avessi mai visto. Non che mi fosse piaciuta fin dall’inizio ma non era fatta di frasi che abbiamo sentito mille volte: era spontanea, divertente e in un certo senso ridicola.

Potevo rifiutare, garbatamente, tirandomela pure un po’. Oppure accettare, infilandomi in una situazione non preventivata dall’esito incerto, per la quale non avevo molta speranza.

Ho accettato alla fine, pensando, stupidamente, che il crearsi di una situazione d’imbarazzo sarebbe stato inevitabile e che quindi sarebbe stato meglio provare a vedere che succedeva, piuttosto che declinare a priori. Devo ammettere che la mia opinione su questo tizio fino ad allora era “un tipo simpatico”, niente di meno e niente di più.

Poi ci siamo visti la sera dopo e la sera dopo ancora. In quelle ore passate insieme ha saputo dire e fare sempre la cosa giusta. Più che la cosa giusta: ogni gesto era perfetto e così pieno di considerazione per me che sembra impossibile mi conosca da così poco e abbia capito così tanto.

E ho riso, tanto. Non solo ho riso fino alle lacrime quando eravamo insieme, ma ho riso anche per tutto il giorno successivo, da sola come un’imbecille, ripensando a quello che ci eravamo detti. Ogni tanto a distanza di qualche giorno mi trovo ancora a sorridere tra me e me per qualche stupidaggine che così, senza preavviso, mi torna in mente.

Come se non bastasse abbiamo così tante cose in comune (cose che ci sono capitate, il modo di vedere le cose) che è quasi difficile crederci e mi sono chiesta se tu mi stessi prendendo in giro o mi volessi solo assecondare. Poi sono diventata ancora più paranoico-riflessiva e ho sospettato che questa cosa che sta iniziando qui sia una relazione onanistica: mi piaci tu perchè sei come me, ergo mi piaccio io. Quando sono arrivata a questo punto ho deciso che forse era meglio smettere di pensare che stavo diventando più complicata della trama di un film di David Linch e a me David Linch mi sembra uno un po’ frustrato, ecco.

Il problema qui, se c’è un problema, è che io adesso mi sto tuffando di testa. E che a volte ci si fa male se non si è capaci.

  1. zuben71

    Beh, come al solito ci va il giusto equilibrio fra pancia (o cuore) e testa.
    Non so se sia un’opzione mettere in gioco il timore di farsi male…
    Potrebbe essere un grande attore, ma anche la grande occasione.
    Qui chiaramente si spera per la seconda! 🙂

  2. Ale [Tredici]

    Nonostante David Lynch sia un signor regista (ti invidio di avere il cervello più complicato di… mi viene in mente Twin Peaks!), ti dico che effettivamente dovresti godertela perché potrai essere complicata quanto vuoi, ma se ridi, ridi di gusto, ridi da sola, vuol dire che è una cosa bella.

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