Canzoni da un altro amore

(Il titolo ha una precisa ragione di essere e non sono semplicemente in una fase iper-melodrammatica: se la precedente recensione del concerto era la traduzione italiana del titolo dell’album di Moonface anche qui seguo lo stesso schema. Oh, che gioia che mi dà fare le cose con uno schema! Anche se a dire il vero questa è la traduzione del primo EP di Tom Odell, la traduzione dell’album è Lunga via giù ma mi piaceva più Canzoni da un altro amore, un po’ perchè si traduce meglio e un po’ perchè calza di più con la storia che vado a raccontare. A voler ben vedere, anche Lunga via giù ha un suo senso visto che il concetto che vuole rappresentare è che ci sono miliardi di modi di incasinarsi l’esistenza e che al peggio non c’è mai fine. Comunque il post è mio, il titolo pure, quindi poche storie e chiudiamo questa parentesi infinita)

La stagione concerti di un certo spessore è continuata questa settimana con Tom Odell. Tom chi? No, dai, questo almeno è semi-famoso. Ha vinto i Brit Awards l’anno scorso e quest’anno è stato almeno nominato. Io come al solito non so se lo radio in Italia lo hanno nemmeno mai passato, ma mi affido alla clemenza dei critici musicali nostrani e spero che il mondo sappia almeno la sua canzone più famosa.

Io, per conto mio, che vivo attaccata a Spotify ma che ascolto poco o niente la radio, lo avevo già sentito in qualche playlist e lì per lì non ne ero rimasta impressionata. Insomma bravo, ma non mi faceva smuovere al punto da mettermi in moto un Giovedì sera per andare a sentirlo suonare fino in Danimarca (va detto che dalla porta di casa a mia a Copenhagen centro ci vuole un’ora giusta, quindi poi tutto questo viaggio non è!). Poi è successo il miracolo: ho intercettato quasi per sbaglio la ripresa di un suo live su youtube, lo stesso che ho messo in cima e, spoiler!, anche in fondo al post. Ed è stato proprio amore a primo ascolto, perchè se anche era un video a me veniva voglia di ballare, cantare le canzoni o addirittura fare solo il labiale credendoci tantissimo, che forse è ancora peggio. E quindi ho comprato il biglietto. Uno solo, come al solito di fretta e senza pensarci troppo, presa dall’ansia che finissero.

Solo il giorno dopo ho scritto alla mia coperta di Linus che abita a Copenhagen e gli ho chiesto se voleva accompagnarmi e questo a scatola chiusa ha comprato il biglietto. Tempo due giorni è successo quello che ho già spiegato, e cioè che lui si trasferirà presto a fucking Cardiff per lavoro, quindi l’innocente concerto diventa d’improvviso una delle nostre ultime uscite, se non proprio l’ultima.

La serata inizia tranquilla, con un panino in stazione e il racconto dell’impresa di trovare un lavoro in 48 ore d’orologio e le mie mille congratulazioni. Arriviamo al concerto e il leit motif della conversazione per tutta la serata è la possibilità di ricominciare dall’inizio, perchè tutti facciamo cazzate e ci lasciamo alle spalle persone che non vorremmo più vedere, quindi avere la possibilità di andare in un posto totalmente nuovo è un indulto per il tuo karma. Ma, come scopriremo presto, il karma è una troia, con o senza indulto.

La ridente città di Copenhagen conta all’incirca un milione di abitanti. A spanne, non ci saranno state più di mille persone al concerto, quindi la possibilità che la ex ragazza del mio amico fosse presente al concerto è una su mille. E come Gianni Morandi profetizza, una su mille ce la fa. Io, grazie al cielo non l’ho incontrata, l’ha vista lui sulla via del bagno. Lui è tornato impietrito e mi ha raccontato l’accaduto: con lei che gli chiede insistentemente con chi è venuto e lui che non le risponde, perchè se non facciamo delle scene che nemmeno a Un posto al sole non stiamo bene. Da quanto ne so, lui a un certo punto, ormai un po’ di tempo fa, si era costituito dicendole della mia esistenza, anche se tecnicamente quando io c’ero loro non erano insieme, e lei ha addossato ogni responsabilità dell’accaduto su di me. Non sul suo ragazzo, che se non ricordo male c’era anche lui!, ma solo su quel serpente concupitore che sarei io. Immaginiamo quindi lo spirito con cui abbiamo affrontato il concerto, lui che si stramaledice per essere andato al bagno proprio in quel momento e io che mi guardo le spalle da una tizia che nemmeno so che faccia abbia. Tom, salvaci tu!

Tom, infatti sembra un po’ un angelo, arriva sul palco con una camicia bianca presa direttamente dalla pubblicità della Dash di un paio di taglie più larghe della sua, portata a mo’ di giacca con sotto una canottiera nera e con un capello biondissimo con un taglio che se io fossi il suo parrucchiere non mi vanterei e che nell’insieme lo fa sembrare ben diverso dai cantanti per cui le ragazzine impazziscono al giorno d’oggi. Perchè Tom Odell ha 23 anni e non è brutto, canta canzoni d’amore e sfido io una teenager qualsiasi a non avere un debole per lui (come si vede nel video sopra, con quindicenni in delirio che gli urlano I love you a ogni pie’ sospinto). Infatti io mi ero preparata a farmi largo tra una fitta coltre di ormoni e di fare la parte della tardona in mezzo a tutta questa gioventù: viene fuori che Tom piace a tutte e tutti, senza differenza d’età o sesso, anche se sospetto che le giovanissime siano state scoraggiate a venirlo a vedere dal prezzo del biglietto che non era proprio gratis.

E già che ci siamo vorrei fare un appello al pubblico Danese che va ai concerti: la volete chiudere quella cazzo di bocca e tacere per tutta la durata dello spettacolo? Già è da maleducati parlare quando il gruppo spalla apre il concerto ma che cosa avrete da dirvi di così importante per non riuscire a tenervelo per voi nemmeno quando è il turno dell’artista principale? Pubblico Danese, sei un po’ ingodibile, sappilo.

Tom Odell suona il piano, ma non è Raphael Gualazzi o Renzo Rubino, anche se pure lui quando suona non sa stare fermo, ma a noi ci piacciono quelli con un po’ di ADHD. Poi ha alle spalle una band con un batterista, un chitarrista e un bassista/contrabbassista che ci conferma senza ombra di dubbio la nota teoria che il bassista di ogni band è sempre il più figo. Tom Odell è di scuola Sprigsteeniana, perchè inizia le canzoni contando One Two Three Four, da non confondere con la scuola dell’istruttore di spinning con le chiappe di marmo che invece conta a decrescere.

Se durante il concerto di Moonface avevo avuto un momento catartico in cui tutte le cose del mondo avevano senso e io ero in pace, così non è successo questa volta, ma non si può avere tutto! In compenso penso che lo spettacolo nel complesso sia stato davvero memorabile. Lui ha cantato e ha tenuto alta il livello dell’esibizione per tutto il concerto dall’inizio alla fine: le canzoni sono abbastanza varie e per questo si sono alternati momenti di piano e voce a pezzi quasi gridati. Seguono una serie di paragoni che mi sono venuti in mente durante il concerto e che per i palati più fini suoneranno come delle bestemmie in chiesa: Leonard Cohen ventenne preso bene, Glen Hansard senza chitarra, Jeff Buckley in un giorno felice, Elton John etero, Joe Cocker con la voce di un ragazzo. Spero di non aver fatto svenire nessuno.

Specialmente le ultime tre canzoni che ha fatto, See if I careI just want to make love to you (ovviamente non sua!) e Cruel (che è quella qua sotto), hanno alzato la temperatura della sala del concerto, come se già non ci fosse  già caldo abbastanza, e il concerto ha preso una piega inaspettata verso un blues da ascoltare con le tapparelle abbassate, intenti in ben più dilettevoli attività, che è stata una nota assolutamente gradita dalla sottoscritta.

A fine concerto, ho notato con piacere che il mio accompagnatore si era ripreso (un po’) dall’incontro e il concerto gli era piaciuto davvero. Per evitare le code al guardaroba e altre piazzate ci siamo fiondati al guardaroba quasi subito e poi fuori sotto la pioggia, con ancora un po’ di blues addosso, ma se questa deve essere la fine almeno l’abbiamo chiusa in grande stile.

  1. superbalduz

    Mi stai facendo scoprire un sacco di musica bella, questo non lo conoscevo, nonostante anch’io viva in simbiosi con Spotify! Mi piacciono molto le tue storie con recensione di concerti, mi sono riconosciuta nel momento catartico in cui tutte le cose del mondo hanno un senso! Anche a me succede spesso…tipo nel mezzo del concerto mi guardo intorno e tipo film mi sembra quasi che il suono diventi ovattato e tutto si muova a rallentatore intorno a me…e ooooohhh ecco sono tutt’uno con la musica (e no, non fumo niente!!). Poi finisce il momento epifanico, e io risprofondo nel caos mentale di sempre. Io ho visto di recente i Simple Minds (un altro idolo della mia adolescenza che é diventato un over 50 ciccio e con poca voce, sigh), mi sa che presto arriverá il post delirante su quanto sono addolorata per l’invecchiamento e imbolsimento dei miei sex symbol adolescenziali!!! Certo però che sfiga incontrare la ex del tipo!! Meno male che non ti ha vista sennò veniva fuori una scena tipo programma di Maria De Filippi con lei che ti urlava “bottaaaaanaaaa!!”

  2. Pingback: Prove di fuga #1 – Cronaca semiseria di cosa si scrive su un curriculum | Appartamento Svedese
  3. Frou Svedese

    Pare che quest’anno sia l’anno dei concerti! Ne arriva un altro la prossima settimana 🙂
    Non parliamo di idoli bolsoni, chè io mi felicito solo che Manuel Agnelli mi sta invecchiando bene e per il resto preferisco non sapere. I SImple Minds suonano a Copenhagen quest’estate. Mi stai dicendo che è inutile andare?

  4. Pingback: Hai ascoltato la pioggia? | Appartamento Svedese
  5. Pingback: Hey, that’s no way to say goodbye | Appartamento Svedese

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...