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Giulia con i pantaloni su

Ero indecisa sul da farsi: il caso vuole che la stessa sera ci siano ben due concerti interessanti. Ormai stavo tergiversando da un mesetto davanti alla pagina di billietkungen, valutavo i pro e i contro delle due proposte, facevo calcoli sulla fattibilità logistica visto che i concerti sono un martedì.

Poi l’altra sera attorno a mezzanotte ho visto questo, ho mandato a quel paese quei baggiani dei Bombay Bicycle Club e ho sentito solo il bisogno irrefrenabile di andarlo a sentire. Per la seconda volta. La prima volta, ne parlai anche su queste pagine, non fu proprio un incontro felicissimo. Mi aveva convinto ad andare un coinquilino dei tempi dell’Erasmus e io che mi faccio convincere davvero con poco, avevo ascoltato il disco mezza volta, constatato che non si trattasse di epic metal o hip-hop (che sono le due cose al mondo che proprio non posso godere) ed ero andata. Mi colpirono i bassi, non solo emotivamente ma anche fisicamente perchè erano veramente troppo marcati credo per colpa di un fonico con un principio di sordità, e mi colpì quasi anche un libro che dopo averlo decantatato per un pezzo il cantante, Moonface, lanciò dal palco.

Fu così che il buon Moonface, all’anagrafe canadese Spencer Krug, dopo aver fatto un mediocre disco rock incazzato con un accenno di paturnie, fa perdere le sue tracce per un annetto buono e alla fine di ottobre mi ritrovo per le mani il suo nuovo disco con dieci pezzi fatto solo di voce e pianoforte.

Immaginiamo il mio stupore quando l’ho ascoltato per la prima volta.

Ora immaginiamo il mio stupore quando mi sono resa conto che mi piaceva pure.
A me.
Io che sostengo che Einaudi, Allevi, Yiruma siano i Modà per quelli un po’ snob, mi sciolgo davanti alla musica di quello che lanciava i libri fino ad un anno fa.

Per tutto c’è una spiegazione. Il buon Spencer Krug ha scritto questo disco l’anno scorso (2012? 2011? non ci è dato sapere con esattezza) quando dopo un’ecatombe di sfighe tra cui scioglimento della sua band e mollamento con la fidanzata decide di trasferirsi ad Helsinki proprio quando l’inverno sta per cominciare. Che idea felice. Per non suicidarsi, decide di acquistare un pianoforte e resosi conto che in inverno ad Helsinki non c’è veramente un cazzo da fare suona e scrive un sacco. In realtà, Spencer non è così sprovveduto come ci vuole far credere perchè ad Helsinki ci sono i Siinai (quelli con cui ha fatto il disco del lancio del libro) e una donna, alla facciazza della fidanzata che l’ha mollato, quindi proprio da solo ad espiare i suoi peccati al freddo e al gelo non era. Però gli va riconosciuto che sbarcare un inverno scandinavo non è cosa facile e penso che sia proprio per questo che Spencer questa volta ha colpito e soprattutto affondato.

Ed è così che la sera tra il 9 e il 10 Gennaio ho comprato un solo biglietto per il concerto. Proprio il  giorno in cui cade il quarto anniversario di vita in Svezia. Alla fine non so se andrò da sola, magari quel mio amico dello scorso concerto vuole venire e ho un paio di altre persone a cui potrebbe interessare ma se anche dovessi essere sola non mi preoccuperei più di tanto. Un concerto per piano e voce in una chiesa non richiede una grande compagnia per essere apprezzato. Ti siedi lì e lo ascolti abbassando ogni guardia.

E pensi a tutto quello che è successo negli ultimi quattro anni. A tutti quelli che ci sono stati, tenendo bene in mente che l’unica che è rimasta e rimarrà alla fine sono io e che everyone has to build themselves up alla fine della fiera, perchè in posti come questo volersi bene è fondamentale.

Buon anniversario a me, una Giulia con i pantaloni su qualsiasi. A me soltanto.