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Mangia Prega Ama.
Io il film non l’ho visto e nemmeno mi sono scomodata di leggere il libro. E’ solo che davanti a una persona (equilibrata) che decide di viaggiare da sola per una settimana certe persone non se ne riescono a capacitare e devono inquadrarti, per la loro salute mentale, in uno schema. Lo schema in cui sono finita io è il “Mangia, prega, ama”, ovvero “donna in età da marito che cerca sé stessa altrove, assaporando i fatui piaceri della vita al fine di trovare uno stabile equilibrio interiore”.
Cazzate. Sono semplicemente andata in vacanza da sola.
Sono andata in vacanza da sola perchè il piano numero 1 è andato a massa per ragioni varie ed eventuali. Così mi sono rimboccata le maniche e ho buttato in piedi un tour per incontrare un po’ di amici che ho disseminato in giro per il sud Europa negli ultimi anni, visitando posti in cui non sono mai stata. Semplicissimo, no? Comunque, per venire incontro alle facoltà mentali di alcuni ci atterremo allo schema di cui sopra.
Mangia.
Se la mia pediatra mi vedesse, sarebbe molto contenta di me. Dalla bambina che mangiava “un fusillo” alla semi-fogna di oggi. Il bifana è stata la prima cosa esotica e altamente indigeribile della vacanza, carne di maiale fritta in grasso di maiale, insomma ‘na chiccheria. Sono andata in estasi con il Pasteis de nata che dopo averlo mangiato non mi sarei più voluta lavare i denti per tenere in bocca il sapore dolciastro (ma poi li ho lavati, giusto per farvelo sapere). Ho avuto la prova che due cose buone come il pane e i calamari fritti, se combinati, possono dare vita a una combinazione bizzarra e non troppo riuscita. E poi tapas come se piovesse: tapas in ogni dove. Sul bere non ne parliamo troppo, che se io ero in vacanza il fegato lavorava, solo una menzione per la ginja delle 18 che non ha facilitato l’arrampicata in cima a una collina per fare questa foto.
Prega.
Ecco, magari questo no. Un fottio di chiese, sì. Di certo non c’è stata una conversione. In particolar modo quando il buttafuori alla porta di una delle tante cattedrali mi ha allontanato perchè stavo mostrando mezza coscia al signore e contemporaneamente voleva foraggiare il business delle sciarpine votive per coprirsi, redimersi e finalmente entrare. Con i tempi che corrono, sono sicura che nessuno si sarebbe lamentato di tale nudità, comunque ho fatto dietrofront e sono tornata il giorno dopo con un pantalone alla caviglia e le pive ancora nel sacco.
Più che pregare mi sono trovata a invocare ogni genere di santi in alcune situazioni. Per esempio, quando mi si è rotta la ruotina della valigia ad anni luce dall’ostello mentre il sole batteva e si registrava la sobria temperatura di 41 gradi. Oppure in tutti i viaggi in treno e autobus che ho fatto, quando il mio vicino di posto era sempre il doppio del mio peso e la guerra del bracciolo era persa in partenza. Non conto le innumerevoli volte che ho imboccato la strada opposta e me ne sono accorta solo dopo chilometri. Ma perdersi è parte del gioco.
Ama.
Ho vinto tre preservativi. Praticamente un’investimento per future avventure. Sono stata trascinata a uno di quei baracchini commerciali che ci sono ai festival musicali da una mia amica e partecipando a un fantastico gioco abbiamo vinto e spartito il bottino.
Appunto, dimenticavo di dire che sono anche andata a un festival musicale mentre ero in vacanza ed è lì che ho visto dal vivo la canzone del video lassù in cima. La canzone la conoscevo già e mi era sembrata orecchiabile ma niente per cui avrei pensato di impazzire. Invece, questa ragazza e la sua band hanno messo insieme una buona mezz’ora di musica. Senza parlare di altre ben più splendenti performance.
Al di là dell’amore per la musica e strumenti per farlo non c’è stato poi tanta altra carne al fuoco.
Una sola nota, più che altro per me stessa. Girando di ostello in ostello si incontrano tante persone e a volte capita di incontrarsi e incontrarsi di nuovo nella tappa successiva. Così è (quasi) stato con qualcuno, che guarda caso, abita laddove mi trasferirò per l’autunno. E’ quasi stato perché per incompatibilità spazio-telematico-temporali alla seconda tappa non ce l’abbiamo fatta a riprenderci. Avendo io subito un po’ il fascino di questo sconosciuto mi sono resa di stare attaccata al telefono (che scoprirò solo poi non funzionare) nella speranza di un segno. Rimane sempre molto interessante scoprirmi, tutto a un tratto, totalmente focalizzata su un obiettivo e vedere che, nonostante l’esperienza, io mi butto senza rete e lavoro di cervello e di fantasia. Un lavoro vano spesse volte, ma che comunque continuo a fare.
E la piccola delusione e la piccola gioia rendono più piene delle giornate che piene di posti, di gente e di sapori lo erano già.