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Col bianco tuo pandor, neve
La mia famiglia si sta ancora divertendo alle mie spalle perchè 23 anni fa io mi sono messa a cantare questa canzone in piedi su una sedia (a grande richiesta di tutto il parentame) sbagliando clamorosamente le parole. Dopotutto, per una quattrenne il “candor” è un concetto molto più astratto di un “pandor” e poi aveva abbastanza senso che un pandoro fosse bianco. Un po’ meno che la neve scendesse con un bianco pandoro, ma vallo a sapere te che cosa fa la neve?
Di Natale non ne ho mai fatta una malattia: non lo aspetto facendo il conto alla rovescia da Novembre né sbuffo ogni volta che qualcuno osa nominare la parola Natale. Una roba media. Natale per me vuol dire prevalentemente vacanze, casa, famiglia, amici e fancazzismo spinto per un paio di settimane, che buttalo via!
Il bello di questo tipo di ricorrenze è che c’è una routine che si ripete negli anni e che, anche se è noiosa e per certi versi può essere irritante, dà conforto sapere che ogni anno si ripete immancabilmente allo stesso modo.
Come ogni anno, i primi a fare gli auguri di Natale a mezzo facebook sono tutti i miei contatti Olandesi (23 Dicembre) preceduti solo da una Tedesco-Svedese con manie di persecuzione (21 Dicembre, addirittura). Entrambe le categorie sono personcine che vivono quotidianamente con un sacco di ansia e che, giustamente, ogni anno, mantengono fede alla loro natura e si sincerano di fare gli auguri centinaia di ore prima. Grazie amici ansiogeni, le anti-anti-antivigilie di Natale non sarebbero le stesse senza di voi!
Come ogni anno, mia mamma si sta dando da fare in cucina da giorni. Quest’anno oltre ad offrire il mio aiuto mi sono addirittura candidata a preparare il dolce, che avevo già sperimentato riscuotendo un successo intercontinentale quando ancora in Svezia. Puntualmente, ho ricevuto un invito a rilassarmi sul divano. La cucina di casa mia è come sempre una zona off-limits per me, con cecchini assoldati da mia madre con l’ordine di annichilirmi se provo a mettere mano ai fornelli: al massimo posso pensare di apparecchiare la tavola.
Come ogni anno, mio padre mi regala dei prodotti di erboristeria e un libro. Il libro lo compra sempre nella stessa libreria, un bellissimo deposito di polvere e libri, che avvolge i regali sempre nella stessa carta rossa e davvero sottile. Così quando mio padre lascia il pacchetto sotto l’albero non resisto e vado a intravedere che libro mi ha regalato. Quest’anno siamo finalmente usciti dal tunnel di Ohran Pamuk, che tanto ci aveva angustiato e deliziato negli anni precedenti, ed è toccato a Alice Munro con la Danza delle ombre felici.
Ci sono però anche delle cose che quest’anno non succederanno.
E’ finalmente successo che ho dimenticato di ricaricare il mio telefono per più di un anno, cosicché la mia povera sottosfruttata SIM Vodafone è stata disattivata. Sto avendo delle lunghe conversazioni su base giornaliere con quelli del 190 sperando che si ripiglino a resuscitarla, sperando che oer il miracolo non debba aspettare fino a Pasqua! Questo vuol dire che quei pochi ultimiamici vintage che ho che mi faranno gli auguri con un messaggio o una chiamata sul telefono non mi troveranno. In particolare penso a Diego, l’amico del mio ragazzo del periodo delle superiori che, instancabile, dal 2002 mi manda gli auguri di Natale. Il bello è che ogni anno si inventa delle frasi sempre nuove piuttosto complicate in cui la parola “felicità” è largamente abusata. Diego, sappi che se non ti rispondo quest’anno non è colpa mia ma tu mandamelo lo stesso il messaggio!*
Inoltre, quest’anno per la prima volta di una lunga lunga serie non andrò più da mia nonna per Natale. Ormai erano anni che da mia nonna andavamo solo io e i miei genitori: gli altri miei zii avevano altre tradizioni per il pranzo di Natale e poi noi abitavamo più vicini. Lo scorso Natale non avevamo nemmeno mangiato insieme allo stesso tavolo, lei aveva mangiato prima perchè ormai non ce la faceva più da sola e la sua salute era già tento peggiorata. Ogni anno, nonostante i suoi problemi di memoria, a Natale recitava delle poesie che aveva imparato quando era giovane e soprattutto cantava una canzone che faceva più o meno così: “In ogni casa c’è un albero di Natale/Ma c’è un nido triste ancora/dove un bimbo piange e implora,/con la mamma sua morente e in America è il papà./Campane non suonate stasera/Campane come dolce preghiera/E sembra che dica alle genti/”non invidiate le alcove dorate della città”“. Cantare le canzoni a Natale deve essere una di quelle degenerazioni di famiglia: la prima volta che l’ha cantata eravamo rimasti tutti basiti per il cipiglio moralizzatore di questa canzone, le parole complicate (alcove?) e per la sfiga infinita di sto povero bambino. Con gli anni poi è diventata il nostro piccola tradizione di cantarla tutti insieme, pure bei convinti. Quest’anno non c’è più la nonna a cantare questa canzone delirante ma credo che la canzone la canteremo lo stesso.
Non penso sia nel mio stile fare auguri per Natale, che poi alla fine è solo un giorno e mi sembra uno spreco di energie augurare qualcosa di buono per un massimo di 24 ore. Però cerchiamo di fare del nostro meglio, ecco.
*Aggiornamento del 24 Dicembre: alla fine il telefono è stato ripristinato, non prima di aver avuto e fatto avere un travaso di bile a quelli del 190 di Vodafone. Così, puntuale, il messaggio di Diego è arrivato! Riporto pari pari: “Eccoci qui alla fine anche di questo 2013 un po’ sfigatello come anno ma pur sempre ricco di sorprese e avventure per molti di noi… Giorno di Vigilia, oggi, di un nuovo Natale e quindi di nuove speranze… Non ho grandi parole da dirti ma solo quelle che sperano possano veramente avverarsi ossia che ti auguro un sereno e felice Natale ma soprattutto che l’anno nuovo ti porti un mondo di felicità e di fortuna. Un abbraccio, Diego“
Caro Babbo Natale, porta un po’ di buon senso in Olanda.
Devo rivelare che prima di scrivere un post passo ore, a volte giorni, a cercare una canzone che faccia da sottofondo. Mi piace trovare una canzone che in qualche modo si riconduca al contenuto di ciò che ho intenzione di scrivere, e mi piace trovare una canzone che mi piace. A volte il nesso tra la canzone e il post è palese, altre volte è uno stupido gioco di parole, altre volte ancora c’ho le mie cose e decido io quello che voglio mettere e basta così.
In questo caso volevo mettere una bella canzone di un artista Olandese. Idea banale ma tutto sommato pertinente. Allora mi accoccolo sulla mia poltrona con il portatile sulle ginocchia (che è il mio locus amoenus per scrivere) e penso. Penso. Penso. Penso di non conoscere nessun cantante Olandese. Tuttavia, in casi estremi come questi c’è sempre Wikipedia. Della interminabile lista di cantanti di dubbia fama Olandesi ho riconosciuto, due punti, elenco numerato, 1. Anouk (che credevo Finlandese), 2. i van Halen (ma nemmeno tutti i Van Halen, solo il bassista e il fonico, tipo) e 3. i Caesars. Gli ultimi li conosciamo per questo motivetto, apposto qui sopra che tanto ci piace cantare a perdi voce, ignari del significato del testo. Quindi questo vi tocca.
Ho trovato questa ricerca abbastanza esemplificativa di quello che è la vita in Olanda. Il loro modo di vivere va secondo alla regola che hanno quello che gli serve ma rifiutano l’eccesso. Fatta eccezione con l’eccesso alcolico, chè quello dalle Alpi in su è un requisito minimo per la cittadinanza.
Per quanto ne posso aver capito io (che ricordiamo essere in questi lidi da due mesi e quindi non sono la voce più autorevole in socio-psicologia Olandese) tutto quel mito della combo droga-sesso legale non è altro che un richiamo per turisti. Non senti due che discorrono per strada accordandosi per la cannetta del giovedì, quindi non pensiate che questi trombino o fumino con la stessa frequenza con cui giocano a squash (e io non ho mai visto tanti campi di squash in tutta la mia vita).
Dicevo che questi Olandesi sono una noia. Noia. No-ia.
Se già gli Svedesi non sono questa vagonata di simpatia, almeno sono carucci e sono sempre posati e gentili e a confronto mi trovo a rimpiangere i Vichinghi. Infatti un clichè sugli Olandesi (che in realtà è un dato di fatto) è che siano persone molto schiette, gente che non te la manda a dire. Se devono farti un’osservazione non si preoccupano certo di indorare la pillola e vanno dritti al punto che questi non hanno mica tempo da perdere (che alle 6 devono cenare!) quindi la reazione media del non Olandese è una forte depressione e la sensazione che il mondo (Olandese) ce l’abbia con lui. In realtà loro lo fanno per te e per la tua crescita personale, però cari miei se foste in grado di far crescere anche le vostre capacità dialettiche non sarebbe male.
Quantomeno tutta questa voglia di dire la propria potrebbe essere sfruttata per darti un onesto parere quando devi andare a fare shopping, così eviteremmo di comprare tubini aderenti di paillettes rossi, per dire.
Ah, no dimenticavo. Non esiste un qualsivoglia gusto nel vestire. Dal lunedì alla domenica qui ci si mette le stesse cose, le stesse scarpe, lo stesso trucco. Si salvano con le megagalattiche catene intercontinentali, il caro socialismo fashion della Scandinavia, perchè se aspettavamo di vedere la moda autoctona allora mi sarei trovata a rimpiangere le bancarelle dei Cinesi del mercato del Mercoledì. Enzo Miccio, perdonali perchè non sanno quello che fanno.
Ma torniamo in carreggiata perchè se ho voluto scrivere questo post è perchè volevo infamare questa nazione per la barbarie con cui festeggiano il Natale. Erano i primi di Novembre e ricevo una e-mail annunciando di non prendere impegni per il 5 di Dicembre (largo anticipo tutto Nord Europeo) che si sarebbe festeggiato San Nicola al Dipartimento in cui lavoro. La missiva era firmata da un certo Pietro Nero (Zwarte Piet), lì per lì non gli do peso e mi concentro a ridere di loro perchè mandano queste mail quando ho ancora il crone di halloween in faccia. Solo dopo capii che il problema era un altro.
L’ultimo fine settimana di Novembre mi trovavo in centro per alcune commissioni e mi accorgo che un preoccupante numero di bambini è vestito con un costume tipo paggetto fatto al 200% acrilico che se due bambini si scontrano si rischia l’autocombustione. Il modello è questo, se foste interessati in usi e soprattutto costumi. La cosa mi puzza ma continuo a pensare che questi Olandesi sono dei burloni e forse il 24 Novembre è il Paggeto-Day. Solo dopo capirò che quel giorno arrivava San Nicola, in persona personalmente, da Madrid per festeggiare il compleanno in Olanda (scelta peraltro discutibile) a bordo di una nave che sarebbe arrivata a destinazione solo quindici giorni dopo (maledette chiuse Olandesi). A bordo della nave, il vegliardo Nicola e frotte di Pietri Neri. Che sono più o meno così:

San Nicola, Pietri Neri e un bambino che a giudicare dalla faccia sta vivendo uno degli attimi più felici della sua vita
Io, oltre a non essere un esperto in socio-psicologia Olandese, non ho nemmeno preso una laurea in storia moderna, però se non ricordo male gli Olandesi hanno avuto un periodo in cui andavano in lungo e in largo per i mari colonizzando instaurando relazioni di natura politico-economica con nazioni extra Europee. E se tanto mi da tanto questi hanno fatto due conti e hanno pensato: “Facciamo una cosa divertentissima: San Nicola arriva a bordo di una nave e i suoi aiutanti sono tanti uomini di colore, che tanto ci sono utili nei nostri possedimenti oltre mare e che lavorano così alacremente senza essere pagati! Come siamo simpatici! Tutti i bambini lo adoreranno!”.
In pratica, ogni anno in Olanda si festeggia il Natale al gusto colonialismo, con miriadi di adulti e bambini che si colorano il viso come un natio del Gabon incuranti di tutto lo schifo che i loro avi hanno disseminato in passato per il mondo.
Un po’ come se i bambini Tedeschi si vestissero da piccoli Hitler a Pasqua.
Per questo invoco e chiedo:
Caro Babbo Natale,
se ci sei davvero vieni a riprenderti il tuo fratello scemo San Nicola e tutta la sua corte sub-equatoriale. Riporta un po’ di buon senso in questa nazione, dona loro buon gusto, decenza e se riesci fagli chiudere quella bocca ogni tanto.
In fondo sono brave persone e se me la prendo con loro è solo perchè ho un blog su cui scrivere e non li posso dipingere a tinte pastello, altrimenti sarei noiosa. Però devo confermare che sono tirchi. Tirchissimi. Babbo, già che ci sei, fagli spendere un po’ di soldi a cazzo e se non li vogliono spendere prendi una banconota dai loro portafogli e fai una donazione all’Unicef o una roba del genere, che almeno fanno del bene in giro e spargiamo un po’ di buoni sentimenti che è Natale (quasi).
Per me Babbo non portare niente che a me ci penso io e per quest’anno va bene così.
Ci si vede in giro,
Tua Frou (un po’ Svedese ma non Olandese)
Luci
(I love the Smiths. Che quando lo dice lei inizi a capire che è una superstronza. Però è vero. I love the Smiths too.)
Che questa gente abbia un travagliato rapporto con le luci è più che ovvio.
Senza andare a chiamare uno psicologo del calibro di Raffaele Morelli, qui vedono poca luce d’inverno e di rimando impazziscono per ogni cosa che sbrilluccichi.
La mia coinquilina ha tentato di convincermi che era necessario svegliarsi la domanica mattina per accendere la candela dell’avvento per tutte le domeniche mattina dell’avvento. Che fanno una decina di ore di sonno andate per sempre. E va bè che spesso il mio motto è “I will sleep when I am dead” però mi sembra che questa storia delle candele sia finalizzata a velocizzare il processo. Così, cassate le candele dell’avvento, abbiamo decorato le finestre che danno sulla strada e anche quelle che non danno sulla starda perchè qui la battaglia delle finestre si combatte in ogni direzione! Rigorosamente luci LED, così si risparmia energia, che disegnano un arabersco sul vetro. Lei ha messo dei rami finti con delle candele a forma di mela e le lucine. In più ho degli altri LED che cadono continuamente nella mia camera e in più c’è un cuore sulla sua finestra. Intanto, credo di avere gettato scompiglio nel vicinato per questa inusuale decorazione. Gli svedesi, da che ho visto io, non fanno gossip ma hanno una memoria da elefante. Ecco, sche
data per sempre come la forestiera che ha rovinato il Natale!
Le luci, che sia Natale o meno, ce le hanno in testa sempre. Da questo autunno, cioè da quando avere le luci serve a qualcosa, sto combattendo una personale battaglia con la mia coinquilina per spegnere le luci della stanza quando la si lascia. La battaglia è lunga e logorante ma ho ancora 4 mesi buoni di buio per far passare il concetto! Che poi sabato sera sono tornata a casa tardi e un pò “alterata” e domenica mattina ho trovato la luce accesa. Che sia stata io?
Come se non bastasse, le luci le devi avere anche quando vai in bicicletta. Davanti e dietro! La mai graziella svedese, una Crescent “gammaldags” tipo questa, ha la dinamo davanti ma non più dietro per cui se mi ricordo la torcia bene, altrimenti rischio 500 SEK di multa se la polizia svedese mi coglie sul fatto. E fanno anche gli appostamenti, altro che autovelox! La cassa si fa sulle luci della biciletta.
Oggi però ho visto il meglio che questo paese mi ha riservato in caso di luci. Esco dal lavoro e incontro un ragazzo con al guinzaglio un cane. Con le luci. Il cane aveva delle luci rosse al collare, tipo luci di posizione.
Grazie Svezia per regalare sempre grandi emozioni!