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Sassetti alla finestra
Sono un paio di settimane che ogni tanto mi cade la catena.
Sarà perchè le giornate si accorciano tangibilmente giorno dopo giorno. Sarà perchè al lavoro è un periodo in cui ho mille cose da fare e la motivazione è ai minimi (al capocapo non gliene può fregare di meno di cosa faccio, al capo gliene frega ma non ha il tempo di starmi dietro per altre questioni più urgenti, io faccio il mio e, senza spocchia, lo faccio bene ma senza nessuno che riconosce il mio lavoro non è un mistero se a volte mi chiedo chi me l’ha fatto fare). Sarà che la vita sociale si sta facendo un campo minato e fare la sminatrice non è mai un lavoro divertente.
Se per l’autunno che arriva non ci posso fare niente e per il capocapo che mi ignora non voglio farci niente, dovrò far qualcosa per quanto riguarda il terzo punto. Scrivere qui è fare qualcosa, almeno è un inizio per focalizzare i problemi e quello che non va, per cui all’opera.
Le relazioni amorose, o pseudo-tali o anche abbozzi delle suddette, sono la causa di ogni problema. Se Omero fosse vivo mi manderebbe una mail dicendomi “Te l’avevo detto”, chè con la storia di Elena di Troia lui ci ha avvertito tutti, ma noi niente. Siamo andati avanti per millenni a fare gli affari nostri e poi non ci si deve stupire se questi sono i risultati.
Amica G., la terza Amica G. in ordine di apparizione sta inesorabilmente diventando un piede nel culo. Io non ho problemi con lei ma io resto del mondo sì. E’ riuscita ad avere discussioni con il “mio” “moroso”, con Ercolino sempre in piedi e a farsi mal volere da altre persone. In compenso, la mia coinquilina, la adora e il sentimento è reciproco. Dopo un anno e passa di convivenza ho capito che la coinquilina altro non è che una persona alla disperata ricerca di attenzioni. Tipo che mi vuole organizzare una festa d’addio (manco andassi a morire!) per la quale ha già idee su come e cosa io vorrei salutare i miei amici. Oppure quando mi scrive al martedì se il sabato voglio andare a ballare nel posto figosissimo in cui ti squadrano dall’alto al basso e magari non ti fanno entrare. La risposta è rispettivamente no e no. Comunque, questa mia coinquilina che mangia la mia aria e con cui trovo difficile condividere spazi piccoli per tempi prolungati, è riuscita a fare breccia nel cuore di Amica G. e la mia speranza ora è che diventino amicissime tra di loro levandomi in qualche modo dagli impacci. Un po’ come fare scopa con il settebello. (Nota 1. La mia coinquilina mi sta mandando messaggi su skype anche se è nella stanza accanto! Mi chiede come le voglio pagare l’affitto quando sono via. Grazie, anche tu mi mancherai.)
Il grosso problema con Amica G. è che il “mio” “moroso” pare ci abbia provato. Va detto che il “mio” “moroso” è un Italiano e in quanto tale ha la tendenza a provarci con ogni bersaglio mobile di sesso femminile. A quanto mi ha detto lei, lui le avrebbe detto a metà tra lo scherzo e il serio che se gli Svedesi erano così difficili da accalappiare che si trovasse un Italiano. Lui per esempio. Da qui, apriti o cielo. Lei non lo vuole più vedere ma fino a che lei esce con me io mi porto sempre dietro il “mio” “moroso”. L’aria di insofferenza generale si taglia con il coltello.
Se questa pantomima non fosse già abbastanza mi ci sono messa anch’io. Era ormai un bel po’ che non rivedevo Ercolino sempre in piedi. Mi avevano detto che anche con altre persone del mio giro si era mostrato molto freddo, praticamente incontrarlo era come fare la pausa caffè con un collega. Il meteo era il protagonista della conversazione ma niente di più. Il fatto che fosse sparito e che soprattutto non si fosse più fatto sentire con me l’avevo notato. Tutto sommato, nella jungla di tutti gli altri avvenimenti l’avevo preso come un segnale che le cose sarebbero cambiate, come è giusto che dovessero cambiare perchè così eravamo tutti in una situazione di stallo, congelato nelle nostre posizioni in cui lui mi voleva e io no.
Quando l’ho rivisto ieri mi è sembrato un’altra persona. Spenta e noiosa. Se penso che era meno di due mesi fa quando una sera mi era passato a prendere per uscire e visto che il mio campanello non funziona lanciava sassetti alla mia finestra. Il piano era che ci trovassimo a casa di un amico ma lui aveva fatto quella deviazione per venirmi a chiamare, io ero già in ritardo e mi stavo preparando alla svelta quando sento un rumorino venire da fuori, mi affaccio e lo vedo sotto casa con quel sorriso ebete e una manciata di sassetti in mano. Sembrava contento per aver avuto quel colpo di genio ed era tutto entusiasta per la sorpresa che mi avrebbe fatto, mentre io ero una furia, non solo perchè ero in ritardo e perchè lui non ha una bici, il che significava quaranta minuti a piedi, ma perchè lui non aveva il diritto di intrufolarsi nella mia privacy e nei miei spazi. Non doveva tirare sassi alla mia finestra e non doveva chiedermi di camminare quaranta minuti con lui. Quella passeggiata l’ho vissuta malissimo e mentre lui cercava di imbastire una conversazione io rispondevo a monosillabi e se appena potevo mi mettevo a dargli torto con ostilità. Uno dei miei classici momenti di maturità in cui manifesto la rabbia come lo farebbe mio nipote di quattro anni.
Mi è capitato altre volte di essere in cucina e sentire rumori di sassetti alla finestra. A volte era il bastone della tenda che sbatteva se c’era la finestra aperta, a volte era il frigo (!!!), ma di sicuro non era più lui che dopo quella volta non ha più avuto la bell’idea di farmi una sorpresa. E per quanto sia contenta che il messaggio sia stato recepito forte e chiaro, la ripercussione si di lui, me e tutti gli altri si faccia sentire.
E non ho ancora finito.
Questa settimana mi sono imbattuta in Legit. Era da quando si era presentato una sera scortato da tre ragazze Norvegesi che non lo vedevo. Sì, la storia delle Norvegesi è una storia pietosa e non la sto a raccontare. Comunque abbiamo parlato del più e del meno in Svedese (e qui me la devo tirare un po’, perchè flirtare con qualcuno in una lingua che non si padroneggia non è cosa per novellini) e alla fine ci siamo salutati. Lui ha detto che ad inizio Ottobre va in Giappone per qualche settimana (a fare il backpacker a casa di amiche Giapponesi, ma che gli fa questo alle donne?) e che era lì quel giorno perchè sta facendo un corso di Giapponese. Io per non essere da meno gli ho detto che me ne vado in Olanda, sperando di suscitare in lui un sentimento da Saldi al 70%. Quel sentimento che coglie ogni ragazza davanti all’ultimo ribasso da Zara, che quella è un po’ l’ultima occasione e che alla fine a poco costo si può avere un capetto che ci si può mettere per gli ultimi giorni d’estate e poi l’estate prossima si vedrà, magari è passato di moda. Per quanto questo sentimento sembri ragionevole e con una fondazione pratico-scientifica solida, la mia richiesta di amicizia su facebook del giorno seguente non ha mai ricevuto risposta, per cui devo dedurre che il i Saldi al 70% non funzionano sugli aitanti Svedesi. Nemmeno su quelli che un paio di mesi prima si erano offerti di accompagnarmi a casa una sera, a quanto pare.
Che il gran rifiuto sia connesso al fatto che Legit e Ercolino sempre in piedi siano amici tra di loro non so dire. Mi trastullo a pensare che Legit ci sarebbe stato tantissimo ma che invece va contro la sua natura per l’onore della sua amicizia che vale più di qualunque squinzia, anche se parla un maccheronico Svedese. Anche se la verità è che non gliene frega gran chè di me o che ha già stormi di Norvegio-Giapponesi adoranti che gli bastano e avanzano ma oggi ho la catena giù e una piccola bugia non mi può far troppo male.
Amica G.
Nella vita, le amiche femmine io le posso contare sulle dita di una mano, forse due.
Fin da quando ero un’adolescente ho sempre preferito la compagnia dei ragazzi, un po’ perchè era facile ricevere le loro attenzioni e un po’ anche perchè i ragazzi sono meglio. Credo di non scoprire niente che vi farà cadere dalle sedie se dico che i ragazzi sono in generale abbastanza semplici da capire, del tipo che ad azione corrisponde reazione, seguono i principi di fisica classica: tu mi piaci, ergo ci provo; tu non mi piaci, ergo io ti parlo delle mie storie; tu sei stata stronza con me, ergo fottiti.
Le ragazze invece sono un campo in cui al CERN ancora ci stanno sbattendo la testa. Fisica quantistica allo stato puro.
Intanto, la descrizione dello stato delle cose dipende dal sistema di riferimento. Perchè, cioè, Lara mi ha detto che Lisa ci ha provato con Luca davanti a lei. Però Lisa, davvero, dice che Luca ci ha provato con lei e Lara era dietro e ha visto tutto. Un bordello, gente. Mille variabili, eccezioni e spesso è troppo cervellotico per apprezzarne davvero l’insieme per cui ci si accontenta di carpire l’essenza di un momento, certi che il futuro sarà volubile.
Come faccio a saperlo? Bè, innegabilmente io sono una di loro e proprio per questo mi rendo conto dei limiti di questo sistema e che per avere una cognizione delle cose ed essere felici è meglio rimanere sulla fisica classica, per quanto limitata possa essere.
(Non so se essere contenta per questa introduzione o se dovermene vergognare da quanta secchionità trasuda)
Nonostante le mie teorie pseudo-scientifiche, anch’io ho qualche amica donna e la sorte ha voluto che per tre di loro il nome fosse lo stesso. G.
In ordine cronologico, la prima G. non ha fatto un esordio grandioso nella mia esistenza. Andavamo al corso di danza insieme e per chissà quale ragione lei e un’altra ragazza mi avevano preso di mira per i loro scherzi. Intendiamoci, niente che mi abbia ferito nel profondo ma quando si ha una decina d’anni e poca dimestichezza con il mondo reale (immaginatemi come la bambina de “La casa nella prateria”), allora non si hanno tutti gli strumenti per fronteggiare gente simile. Dopo qualche anno, per merito dell’altra G., io e questa G. siamo diventate amiche. Nonostante le tante notti passate a dormire in quattro in un letto a casa sua e le estati e le vacanze passate insieme, io e la G. siamo sempre rimaste amiche ma non Amiche. Con lei era difficile confidarsi, forse perchè la sua aria matura da sempre metteva un po’ di soggezione e i miei “problemi” sembrava che l’annoiassero.
Lei è la figlia del dottore e per chiunque venga da un paese piccolo va da sè che la figlia del dottore è di un’altra categoria. Fu così che appena dopo i venti le nostre strade si divisero, ci si vide sempre meno fino a che un giorno non ci si salutammo nemmeno più. La puzza sotto al naso (rifatto!) deve avere contagiato anche lei e adesso le poche volte che torno a casa la vedo seduta al bar con i suoi e il cane. G. ha avuto pochissimi morosi, almeno che io e l’altra G. sapessimo, e mi sono sempre chiesta perchè non faceva l’adolescente come tutte noi. Di recente l’ho vista in foto su Facebook con il bello del paese vicino, agognato oggetto del contendere di tutte le squinzie di paese dieci anni fa. Lui è sempre carino, ha la piazza in testa ma poco importa. Sembrano felici e io sono forse non contenta per loro, ma almeno sollevata, come quando vedi la fine di un film di cui poco ti importa e ti accerti che tutti vissero felici e contenti.
L’altra G. è arrivata dopo a quella qui sopra ma lei è rimasta. La G. è una di quelle che da sempre si è infilata in ogni psico-dramma possibile e immaginabile. Lei era ed è molto bella e per questo si è sempre guadagnata tante attenzioni dai ragazzi. Quando ancora minorenne, gli appena maggiorenni le correvano dietro e lei si lasciava trascinare in queste storie fatte di macchine (quando io ero in piena fase motorini, ma a volte neanche quelli!), fatte di scomparse misteriose, fatte di dettagli che elargiva a larghe mani chiedendoci consiglio su che fare. Consiglio su cose che noi non avevamo nemmeno idea che esistessero. Lei è stata un po’ il mio Bignami al sesso e per questo la ringrazio.
La G. chiedeva sempre consigli perchè lei era ed è molto insicura. Si è sempre fatta mille paranoie sul suo fisico e su come le altre persone la percepissero. Non stupì che si mise assieme a un ragazzo, che noi chiamammo “il re dei bellissimi”, ma che bello non era e che invece era così sicuro di sè al punto da tirare al lotto e riuscire a mettersi con la G.. Questo fidanzato durò per quattro o cinque anni, in cui io e la G. non ci vedemmo tanto perchè lui era uno un po’ snob, non piaceva ai miei amici (maschi) e perchè lui non era bene per lei. Il suo essere più forte di lei la rendeva succube delle sue pressioni che la trasformarono nel fisico e nell’aspetto, diventando un’altra G., non quella che mi chiedeva numi sulla pugnetta, ma che era anche lei diventata parte di quella cerchia ristretta di gente che fa le vacanze a Forte e che va a sciare a Cortina a Natale. In quel periodo, nelle rare volte che ci vedemmo lei riuscì a combinarmi con un amico del suo ragazzo che mi rivelò che anche lui non lo sopportava e forse per quel sentimento comune diventò il mio ragazzo per qualche tempo.
La G. poi mollò il suo ragazzo. Ci vedemmo dopo tanto tempo e ci eravamo date appuntamento al bar del paese. Saremo state sedute lì a parlare per mille ore. Io pensavo di andare a incontrarla e raccattare i cocci di quella G. costruita e invece me la ritrovo a raccontarmi di essere andata a mangiare l’anguria con uno che votava Rifondazione Comunista e che nel frattempo andava a letto con un altro ragazzo e come se non bastasse si mise a consolare me, per le mie disgrazie amorose. La mia vecchia G. non sarebbe mai più tornata. Lei è sempre stata confusa e un po’ svanita ma le voglio bene proprio per questo. Le voglio bene perchè lei riesce a parlare di vestiti di Zara e di politica interna con lo stesso tono e la stessa convinzione. Adesso la G. fa coppia fissa con uno alla soglia dei quaranta con cui ha pochi interessi in comune ma per qualche misteriosa ragione ci sta bene insieme e per me è a posto così.
Da qualche mese ne ho incontrata un’altra di G., quassù tra i ghiacci. Con la nuova G. è stata un po’ una “bromance“, ci siamo incontrate e ad entrambe serviva un’amica, per cui ci siamo scelte a vicenda. Da quando G. è in giro ho una valvola di sfogo per tutte le mie frustrazioni affettive, lei ascolta e mi dà consigli. Io faccio lo stesso con lei. La G. si vede che è un po’ in crisi perchè vorrebbe una vita da cartolina, con un marito, dei figli, una casetta, ma non riesce a trovare quello giusto. Lei si guarda attorno, anche troppo, ma niente. Anche lei, come tutte le G. di cui sopra è bella ma questo non sembra aiutarla, anzi, anche lei si fa mille complessi per il suo fisico e non riesce a togliere di dosso gli occhi alle Svedesi, dicendo che sono perfette. Io che forse vedo la vita a tinte un po’ più rosa, concordo sul fatto che siano belle, ma a parer mio sono come i cinesi: alla fine del giorno ne hai incontrata una che assomiglia a tutte le altre e che domani non saprai più distinguere in mezzo a tutte queste bambole. Invece, la mora spicca tra la folla ed è l’eccezione.
(Ecco, questa teoria sta in piedissimo sulla carta. In realtà ci sono mille eccezioni (fisica quantistica?) ma per il momento passatemela così)
La G. è quella che mi ha fatto notare che Lonely Boy forse è gay e lei dice che Legit ci sta provando con me nel modo di provarci Svedese ma dice anche che non sembra uno che ha voglia di rimanere a fare colazione, per cui io devo fare i miei conti prima di buttarmi. Io e lei non sappiamo metterci il rossetto e ogni volta che usciamo ci complimentiamo l’un l’altra per i progressi fatti nell’applicazione di questo maledettissimo stick. Io non so come andrà a finire con questa G., intendo se tra dieci anni io vorrò scrivere un pezzo su un blog per lei o se tra sei mesi non mi ricorderò più nemmeno che faccia ha. Comunque per adesso siamo qui e ci siamo tutt’e due.
All adventurous women do
Oggi avevo già imbastito un post in cui parlavo di ragazzi svedesi, di cose che mi sono capitate e magari anche dei bagordi di Valborg. Invece ho sentito il bisogno di consigliare al mondo una nuova serie TV, io che una TV nemmeno ce l’ho.
Poco tempo fa mi è capitato di vedere un film che si chiama “Tiny furniture“. E’ il film scritto, interpretato e diretto da una ragazza che ha proprio la mia età e che due anni fa ha messo in piedi un lungometraggio in cui racconta di quella che è la vita di una ragazza oggi, con tutte le ansie sul futuro, indeterminazione e incertezze che possono passare nella testa di una ventiqualcosenne al tempo della crisi. Anche se Lena Dunham (la regista del film) è super figlia d’arte, nonostante quello che fa nel film non è proprio capitato ad ognuno di noi e considerando che il film totalizza un misero 6.0 su IMDB a me è piaciuto.
Lo consiglio vivamente a tutti quelli che sono stanchi di vedere film in cui un bel giorno la protagonista scende dal letto e sistema la sua vita per filo e per segno, amore, fortuna e lavoro con cinque stelle e vissero tutti felici e contenti. Per sempre. The end.
Il film, che non penso abbia avuto un enorme successo di pubblico, per la mia gioia e quella di Lena, è stato seguito da una serie TV che si intitola “Girls“. I personaggi non sono più quelli di Tiny furniture, anche se gli attori sono in parte gli stessi. La trama però è imbastita sullo stesso concept: gente normale che fa cose normali.
La serie è trasmessa dalla rete televisiva HBO, la stessa di Sex and the City, e nel primo episodio c’è un diretto riferimento a questa serie che poi a guardare bene è visibile nella serie stessa. Quattro ragazze a New York che fanno sesso. Solo che se le quattro di Sex and the City avevano il problema di comprare scarpe costose o di andare al party più cool, quelle di oggi sbarcano il lunario e cercano un lavoro. Che potrà anche sembrare che adesso ci fanno vedere il Sex and the City de li poracci, ma dopotutto chi le ha mai davvero viste un paio di Jimmy Choo? (E sì, ho dovuto controllare lo spelling su Google)
La televisione non è più quella scatola che ci fa sognare. A volte sono contenta anche solo di specchiarmici dentro.
Se non vi basta, un altro punto positivo della serie è che le attrici non sono queste modelle di Victoria Secrets. Sono ragazze, a loro modo carine, ma non hanno una quaranta, niente pin up, tutte abbastanza acqua e sapone. Insomma normali.
Se vi ho già convinto state attenti che nelle prossime righe ci sono pacchi di spoiler (delle prime tre puntate!), se non vi ho ancora convinto continuate a leggere e magari cambierete idea.
Hannah è forse la protagonista. Le vengono tagliati i fondi dai genitori, da cui veniva mantenuta, ed è costretta a lasciare lo stage non pagato dei suoi sogni per trovare un lavoro vero. Ha un ragazzo, un attore a tempo perso, con cui fa sesso stabilmente ma lui non la chiama mai. Hannah convive con Marnie, di cui è anche la migliore amica.
Marnie lavora in una galleria d’arte e sta attraversando un momento di crisi con il suo ragazzo da tanto tempo, la cui vista la fa diventare isterica.
La serie comincia con il ritorno in città di Jessa, dopo uno dei suoi tanti viaggi bohemienne in Europa. Jessa è na pazza fondamentalmente. Fumatrice (di tutto), bevitrice e un pò ninfomane. Va a vivere con il suo esatto opposto, la cugina Shoshanna, che come potrete aver capito dall’altissima densità di acca nel nome è un pò svampita. Vestita di tutine di ciniglia rosa affronta il mondo con la paranoia di essere ancora vergine a ventiequalcos’anni.
Questo è quanto e in realtà c’è molto di più. Non molto magari, ma di sicuro è quello che per qualcuno è molto.
Soprattuto per quelle(i) che le principesse hanno fatto il loro tempo e vogliono sentire l’opinione delle eroine di tutti i giorni in ballerine di H&M.