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Se telefonando…
Questa storia inizia con un “Bubi (quiqu) bi bibumm (quiqu). Bubi (quiqu) bi bibumm (quiqu). Bubi (quiqu) bi bibumm (quiqu)”.
Già le mie doti canore non sono il massimo ma questo è un brano davvero difficile da interpretare.
Nelle mie intenzioni questa è la musichetta a cui mi riferisco. Per quelli che per comunicare con i loro “nearest and dearest” non devono mettersi davanti a una webcam, è l’insopportabile suono che emette Skype quando qualcuno ti chiama. Nella recondita ipotesi che qualcuno abbia indovinato il motivetto dal mio sillabare, per lui ricchi premi e cotillon.
Come in ogni migliore storia dell’orrore, suona il telefono (o chi per esso). Io stavo vivendo la mia vita in pigiama, cercando di recuperare le energie per la serata di venerdì, che sarebbe iniziata da lì a un’ora e mezza. Guardo il computer per vedere chi mi chiama. E’ il mio ex-ragazzo, baciato accidentalmente sette giorni prima durante una serata ai limiti dell’incredibile.
Merda.
Merda perchè questo mi chiama quando io stavo portando avanti con successo una politica negazionista per cui io avrei negato anche sotto giuramento che niente fosse successo senza dare spiegazioni o scusarmi (Che poi, perchè scusarmi? Spiegare cosa e a chi?)
Merda perchè per quanto uno possa essere un ex ragazzo noi donne si vuole sempre apparire al meglio della propria condizione e questo pigiama blu e grigio a fiori tarperebbe le ali anche ad Heidi Klum.
E già che ci sono vorrei sensibilizzarvi al dramma della comunicazione via skype. Durante le videochiamate può capitare che l’immagine si impalli, per usare un termine tecnico. L’immagine che il vostro interlucutore vedrà per qualche secondo sul video (ma gli rimarrà impressa nella mente in eterno!) generalmente vi ritrae in momenti in cui date il peggio di voi. Tipiche pose da video impallato sono gli occhi a mezz’asta (molto peggio degli occhi chiusi), ghigni malefici che nemmeno nell’esorcista, e doppi o tripli menti come se piovesse. Per non parlare della luce che fa sembrare cadaverici se troppo forte o dei partecipanti a una seduta spiritica se troppo fioca. La mia mi fa cadavere.
Quindi, ricapitolando, io stavo per rispondere a una videochiamata in cui tripli menti bianco latte su faccia con occhi a mezz’asta sarebbero potuti essere visti per interminabili secondi, il tutto indossando un pigiama della linea Unwatchable by H&M.
Mi faccio forza e rispondo.
Era effettivamente il mio ex-ragazzo. Che poi non è proprio mai stato il mio ragazzo ma dire qualcuno-con-cui-sono-uscita-per-un-paio-di-mesi-ma-poi-è-andato-tutto-a-catafottersi non suona altrettanto bene. Mi aveva chiamato per fare due chiacchiere, glielo avevo detto io di chiamarmi perchè noi adesso si è amici e questo fanno gli amici: si chiamano e si raccontano cos’è successo da quando si sono visti l’ultima volta. E ricordiamo che l’ultima volta che ci siamo visti eravamo intenti a scambiarci saliva sotto la pioggia, che non è un argomento che offre grandi spunti per una conversazione spicciola, tipo “Come va? Ti ho per caso attaccato il mal di gola venerdì scorso?”.
Per i primi trenta minuti siamo impeccabili, parliamo del più e del meno, di lavoro e di me che tra poco me ne vado. Poi lui dice che anche lui sta facendo il trasloco e che sta lasciando la casa della sua ragazza perchè dopo una lunga ma pacifica discussione hanno capito che era il momento di finirla con tentativi di far funzionare cose che sembrano non andare da nessuna parte.
Se gli rispondo “Evvai!” sono un’insensibile opportunista, se dico “No vedrai che le cose si sistemeranno e che vivrete felici e contenti” sono falsa come una banconota da settante corone. Opto per un “E’ per il meglio”.
Però tra una perla di saggezza e un consiglio da psicanalista di Uno Mattina, e nonostante il pigiama, la luce e il video impallato, l’atmosfera si è fatta rilassata. Si ride, si scherza e alla fine ci si guarda in un momento di silenzio ed è chiaro che ci vogliamo incontrare perchè abbiamo delle questioni in sospeso. Iniziamo a consultare l’agenda perchè i giorni sono pochi e gli impegni mondani troppi. Alla fine viene fuori che quella sera sarebbe l’unica sera in cui sarebbe davvero possibile vedersi.
Era fondamentale vedersi perchè avevamo bisogno di una chiusira, di un punto, semplice o esclamativo. Il problema con noi è che non abbiamo mai avuto un motivo per finire di piacerci. Quando abbiamo smesso di vederci l’ultima volta era perchè o c’era qualcun’altro o eravamo stanchi di questa vita da esule nel fine settimana e da inchiodato a skype per gli altri cinque giorni. Quello di cui avevamo bisogno era di un motivo per litigare furiosamente. Però litigare al telefono non si può, non da soddisfazione e rende frustrati. Anche Mina te lo dice che “se telefonando io potessi dirti addio ti chiamerei”. Ma non può. Poi nel verso successivo sbaglia un congiuntivo però va bè, Mina è e rimane un profeta dei nostri giorni.
Quindi, uno di noi due deve mettersi su un treno per raggiungere l’altro, ma chi? Lui dice che deve andare a lavorare il giorno dopo all’una e che ha paura della mia coinquilina (che è una fobia condivisibile). Io dico che devo fare una commissione prima dell’una il giorno dopo e che mi sento vittima di una booty call internazionale e il mio orgoglio mi impedisce di prendere un treno. Il mio orgoglio fa anche sapere che se però è lui a prendere il treno non si parla di booty call ma di visita con preavviso.
Per risolvere questa spinosa questione ci affidiamo al maturo sasso carta forbice. Carta. Forbice. Vinco io, anche se non succedeva dal 1992: quando si dice il culo. Lui si appella al video impallato ma non funziona. In meno di due ore arriva alla stazione.
In quel momento io ero fuori con i miei amici, ricevo la sua chiamata e insceno un improvviso calo di forma con conseguente uscita di scena. Nel preciso istante che metto la giacca la pioggia è battente ma io convinco tutti che smetterà subito e mi dirigo da sola verso l’uscita. La pioggia non smetterà prima di dieci minuti ma tutti sembrano essersi bevuti la mia commedia mentre io inizio a credere di essere un’attrice mancata e più in generale una brutta persona. Va detto che l’uscita di scena è stata necessaria soprattutto per la presenza dell’amico stalker per cui il mio “ex-ragazzo” ha uno speciale riguardo/rimorso di coscienza/terrore di essere ucciso tra mille sofferenze.
Corriamo fino a casa sotto l’acqua.
Finiamo quello che abbiamo iniziato la settimana scorsa.
Parliamo per ore.
Dormiamo (poco). Soprattutto io. Visto che mi ero dimenticata che russa. E che mi ruba la coperta. Mi sono stupita della precisione chirurgica di questo processo di rimozione che mi ha fatto dimenticare queste cose irritanti sul momento ma mi ricordavo di tutte le altre cose belle che erano nei suoi modi e che lo sono ancora. Solo quando non dorme però.
Un’altra cosa che mi è tornata subito in mente è il suo odore sulla mia pelle. L’olfatto è una brutta bestia, a volte. Dopo due docce sono riuscita a chiudere anche questo cassetto della memoria.
Alla fine, la mattina ci dimentichiamo di litigare e quando arriva il momento di salutarci in stazione rimandiamo la chiusura ancora di una volta. Alla fine siamo dei perfetti ex che non nutrono rancore e che non hanno sentimenti forti uno per l’altra perchè sanno che qui e ora non sarebbe possibile nemmeno provare ad avere una qualsivoglia relazione. E’ il (triste?) trionfo della razionalità dopo il colpo di testa di quattordici ore prima.
Il femminismo ha i giorni contati
Mettiamo le cose in chiaro: non si vuole puntare il dito, accusare o fare delle discriminazioni sulla base di sesso, paese di origine e usi e costumi. Sono a conoscenza del fatto che i clichè sono fatti anche da eccezioni, ma se esistono un motivo ci sarà. Qui, come al solito, si fa della chiacchiera e a questo giro anche un po’ di sociologia spicciola. Che vada bene o no.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata il mio vicino di casa. Questo tizio lo vedo di rado, non sembra uno che si ammazza di vita sociale. Quando l’ho conosciuto, alla giornata dedicata a rimettere a posto il giardino comune, abbiamo parlato un po’ e annoverò tra i suoi maggiori interessi la musica metal, i libri fantasy e i computer, infatti lavora in un azienda qui vicino come ingegnere informatico. Insomma, un dark-nerd senza speranza di remissione. L’anno dopo, sempre a pulire il giardino, è arrivato accompagnato dalla mamma, come l’ultimo degli scolaretti (tra l’altro una mamma un po’ ficcanaso e con la tendenza a mettersi in mezzo e ogni riferimento a mamme italiane è puramente casuale). Se avevo capito bene, la mamma si era anche stabilita in modo non permanente a casa del figlio, che una mano in casa fa sempre comodo.
Ai miei occhi lui era stato archiviato come caso perso. Fino a quando non vedo lui, la mamma e una ragazza ieri passeggiare verso casa. La ragazza e il mio vicino procedevano mano nella mano e lei era una sorridente ragazza dai tratti asiatici, non so dire se fosse Cina, Giappone o Corea del Sud, ma da quelle parti. La mamma, ovviamente reggeva moccoli alla coppietta che nemmeno un candelabro a dieci bracci.
Questo episodio mi ha fatto venire in mente una serie di conversazioni che ho avuto di recente con il mio amico stalker, che è tornato da un viaggio in Giappone. Il mio amico non è esattamente un esperto di cos’è l’amore e la vita di coppia, suppongo che per il suo retaggio culturale non sia andato in giro a “fare cose e vedere gente” ma stia aspettando, fermo nella sua certezza che un giorno arriverà, quella Giusta già fasciata in un abito nuziale e tagliamo la testa al toro. Tuttavia, quando l’amico è tornato dal suo viaggio nell’estremo Oriente era totalmente affascinato da come le ragazze laggiù fossero così “caring“. Per rendere cosa intendesse con questo aggettivo, che ripeteva in modo ossessivo e con occhi sognanti, sembra che lui abbia visto soddisfatti tutti i suoi desideri (nella sfera del lecito!) senza nemmeno esaudirli e queste ragazze facevano tutto questo paradiso in terra con un sorriso in faccia e gentilezza a carrettate.
Così, quando il poveretto è tornato in Svezia e si è ritrovato in mezzo al mondo del fai-da-te-che-fai-per-tre, dove nessuna ragazza al mondo ti degna di uno sguardo e tanto meno si sogna di farti un sorriso, ha subito uno shock culturale al contrario. Ha iniziato a lodare il Giappone e a sputare sull’equità Svedese in cui a volte non si capisce bene chi sia l’uomo e chi la donna. Perchè, siamo chiari, il mio amico (uomo) ha avuto parola d’oro per ste Giapponesi che lo incensavano ma non ha potuto dire lo stesso dei ragazzi, che invece erano un po’introversi e non così caring, mannaggia a loro.
La ragione del suo viaggio in Giappone non era fare esperienza della gentilezza nipponica, ma accompagnare un suo amico in un viaggio in cui avrebbe rivisto la sua fidanzata, Giapponese ovviamente, incontrata qui in Svezia e ora ritornata al paese d’origine. Non entrerò in dettaglio di ciò che sono venuta a sapere sulla relazione ma il mio amico ha riportato quanto lei fosse prodiga in offrirsi per massaggiare mani e piedi quando il suo lui era stanco, senza volere mai niente indietro. Il suo ragazzo, Svedese, accettava questi servigi ma alla lunga è venuto a domandarsi se fosse lecito o meno e soprattutto se non fosse il caso di ricambiare il favore.
Potrei andare avanti per pagine a citare esempi di ragazze che ho conosciuto qui in Svezia che facevano l’impossibile e il più che impossibile per far contento lo stronzo di turno, che magari se ne approfittava e prendeva il benefit senza dare niente in cambio, ne un gesto fisco e nemmeno un sentimento.
Innumerevoli volte mi è capitato di sentire altre persone tessere le lodi di queste paladine del faccio tutto io (mentre io mi sono dovuta sbattere per far capire ad ex morosi che i piatti non si lavavano da soli) anche da insospettabili uomini tutti d’un pezzo di legno massello made in IKEA.
Il mio dubbio a questo punto, è che magari a ‘sti Svedesi uomini gli abbiamo stracciato le palle con il femminismo, l’uguaglianza dei sessi (jämställdhet), con l’obbligo di dividere i giorni liberi per la gravidanza tra la madre e il padre, facendogli accollare di fatto le cure del bambino e non delegando il cambio del pannolino alla vaginomunita di turno. Che sia per questo che si invaghiscono di occhi esotici che gli massaggiano i piedi e che hanno sempre tutto dove deve essere, pronte a scattare per il più insulso desiderio di questi uomini che si sentono proprietari del proprio fallo solo se c’è qualcuno che si riduce a qualcosa che vale meno di loro?
Questi non sono uomini ma maccheroni.
Amica G.
Nella vita, le amiche femmine io le posso contare sulle dita di una mano, forse due.
Fin da quando ero un’adolescente ho sempre preferito la compagnia dei ragazzi, un po’ perchè era facile ricevere le loro attenzioni e un po’ anche perchè i ragazzi sono meglio. Credo di non scoprire niente che vi farà cadere dalle sedie se dico che i ragazzi sono in generale abbastanza semplici da capire, del tipo che ad azione corrisponde reazione, seguono i principi di fisica classica: tu mi piaci, ergo ci provo; tu non mi piaci, ergo io ti parlo delle mie storie; tu sei stata stronza con me, ergo fottiti.
Le ragazze invece sono un campo in cui al CERN ancora ci stanno sbattendo la testa. Fisica quantistica allo stato puro.
Intanto, la descrizione dello stato delle cose dipende dal sistema di riferimento. Perchè, cioè, Lara mi ha detto che Lisa ci ha provato con Luca davanti a lei. Però Lisa, davvero, dice che Luca ci ha provato con lei e Lara era dietro e ha visto tutto. Un bordello, gente. Mille variabili, eccezioni e spesso è troppo cervellotico per apprezzarne davvero l’insieme per cui ci si accontenta di carpire l’essenza di un momento, certi che il futuro sarà volubile.
Come faccio a saperlo? Bè, innegabilmente io sono una di loro e proprio per questo mi rendo conto dei limiti di questo sistema e che per avere una cognizione delle cose ed essere felici è meglio rimanere sulla fisica classica, per quanto limitata possa essere.
(Non so se essere contenta per questa introduzione o se dovermene vergognare da quanta secchionità trasuda)
Nonostante le mie teorie pseudo-scientifiche, anch’io ho qualche amica donna e la sorte ha voluto che per tre di loro il nome fosse lo stesso. G.
In ordine cronologico, la prima G. non ha fatto un esordio grandioso nella mia esistenza. Andavamo al corso di danza insieme e per chissà quale ragione lei e un’altra ragazza mi avevano preso di mira per i loro scherzi. Intendiamoci, niente che mi abbia ferito nel profondo ma quando si ha una decina d’anni e poca dimestichezza con il mondo reale (immaginatemi come la bambina de “La casa nella prateria”), allora non si hanno tutti gli strumenti per fronteggiare gente simile. Dopo qualche anno, per merito dell’altra G., io e questa G. siamo diventate amiche. Nonostante le tante notti passate a dormire in quattro in un letto a casa sua e le estati e le vacanze passate insieme, io e la G. siamo sempre rimaste amiche ma non Amiche. Con lei era difficile confidarsi, forse perchè la sua aria matura da sempre metteva un po’ di soggezione e i miei “problemi” sembrava che l’annoiassero.
Lei è la figlia del dottore e per chiunque venga da un paese piccolo va da sè che la figlia del dottore è di un’altra categoria. Fu così che appena dopo i venti le nostre strade si divisero, ci si vide sempre meno fino a che un giorno non ci si salutammo nemmeno più. La puzza sotto al naso (rifatto!) deve avere contagiato anche lei e adesso le poche volte che torno a casa la vedo seduta al bar con i suoi e il cane. G. ha avuto pochissimi morosi, almeno che io e l’altra G. sapessimo, e mi sono sempre chiesta perchè non faceva l’adolescente come tutte noi. Di recente l’ho vista in foto su Facebook con il bello del paese vicino, agognato oggetto del contendere di tutte le squinzie di paese dieci anni fa. Lui è sempre carino, ha la piazza in testa ma poco importa. Sembrano felici e io sono forse non contenta per loro, ma almeno sollevata, come quando vedi la fine di un film di cui poco ti importa e ti accerti che tutti vissero felici e contenti.
L’altra G. è arrivata dopo a quella qui sopra ma lei è rimasta. La G. è una di quelle che da sempre si è infilata in ogni psico-dramma possibile e immaginabile. Lei era ed è molto bella e per questo si è sempre guadagnata tante attenzioni dai ragazzi. Quando ancora minorenne, gli appena maggiorenni le correvano dietro e lei si lasciava trascinare in queste storie fatte di macchine (quando io ero in piena fase motorini, ma a volte neanche quelli!), fatte di scomparse misteriose, fatte di dettagli che elargiva a larghe mani chiedendoci consiglio su che fare. Consiglio su cose che noi non avevamo nemmeno idea che esistessero. Lei è stata un po’ il mio Bignami al sesso e per questo la ringrazio.
La G. chiedeva sempre consigli perchè lei era ed è molto insicura. Si è sempre fatta mille paranoie sul suo fisico e su come le altre persone la percepissero. Non stupì che si mise assieme a un ragazzo, che noi chiamammo “il re dei bellissimi”, ma che bello non era e che invece era così sicuro di sè al punto da tirare al lotto e riuscire a mettersi con la G.. Questo fidanzato durò per quattro o cinque anni, in cui io e la G. non ci vedemmo tanto perchè lui era uno un po’ snob, non piaceva ai miei amici (maschi) e perchè lui non era bene per lei. Il suo essere più forte di lei la rendeva succube delle sue pressioni che la trasformarono nel fisico e nell’aspetto, diventando un’altra G., non quella che mi chiedeva numi sulla pugnetta, ma che era anche lei diventata parte di quella cerchia ristretta di gente che fa le vacanze a Forte e che va a sciare a Cortina a Natale. In quel periodo, nelle rare volte che ci vedemmo lei riuscì a combinarmi con un amico del suo ragazzo che mi rivelò che anche lui non lo sopportava e forse per quel sentimento comune diventò il mio ragazzo per qualche tempo.
La G. poi mollò il suo ragazzo. Ci vedemmo dopo tanto tempo e ci eravamo date appuntamento al bar del paese. Saremo state sedute lì a parlare per mille ore. Io pensavo di andare a incontrarla e raccattare i cocci di quella G. costruita e invece me la ritrovo a raccontarmi di essere andata a mangiare l’anguria con uno che votava Rifondazione Comunista e che nel frattempo andava a letto con un altro ragazzo e come se non bastasse si mise a consolare me, per le mie disgrazie amorose. La mia vecchia G. non sarebbe mai più tornata. Lei è sempre stata confusa e un po’ svanita ma le voglio bene proprio per questo. Le voglio bene perchè lei riesce a parlare di vestiti di Zara e di politica interna con lo stesso tono e la stessa convinzione. Adesso la G. fa coppia fissa con uno alla soglia dei quaranta con cui ha pochi interessi in comune ma per qualche misteriosa ragione ci sta bene insieme e per me è a posto così.
Da qualche mese ne ho incontrata un’altra di G., quassù tra i ghiacci. Con la nuova G. è stata un po’ una “bromance“, ci siamo incontrate e ad entrambe serviva un’amica, per cui ci siamo scelte a vicenda. Da quando G. è in giro ho una valvola di sfogo per tutte le mie frustrazioni affettive, lei ascolta e mi dà consigli. Io faccio lo stesso con lei. La G. si vede che è un po’ in crisi perchè vorrebbe una vita da cartolina, con un marito, dei figli, una casetta, ma non riesce a trovare quello giusto. Lei si guarda attorno, anche troppo, ma niente. Anche lei, come tutte le G. di cui sopra è bella ma questo non sembra aiutarla, anzi, anche lei si fa mille complessi per il suo fisico e non riesce a togliere di dosso gli occhi alle Svedesi, dicendo che sono perfette. Io che forse vedo la vita a tinte un po’ più rosa, concordo sul fatto che siano belle, ma a parer mio sono come i cinesi: alla fine del giorno ne hai incontrata una che assomiglia a tutte le altre e che domani non saprai più distinguere in mezzo a tutte queste bambole. Invece, la mora spicca tra la folla ed è l’eccezione.
(Ecco, questa teoria sta in piedissimo sulla carta. In realtà ci sono mille eccezioni (fisica quantistica?) ma per il momento passatemela così)
La G. è quella che mi ha fatto notare che Lonely Boy forse è gay e lei dice che Legit ci sta provando con me nel modo di provarci Svedese ma dice anche che non sembra uno che ha voglia di rimanere a fare colazione, per cui io devo fare i miei conti prima di buttarmi. Io e lei non sappiamo metterci il rossetto e ogni volta che usciamo ci complimentiamo l’un l’altra per i progressi fatti nell’applicazione di questo maledettissimo stick. Io non so come andrà a finire con questa G., intendo se tra dieci anni io vorrò scrivere un pezzo su un blog per lei o se tra sei mesi non mi ricorderò più nemmeno che faccia ha. Comunque per adesso siamo qui e ci siamo tutt’e due.
All adventurous women do
Oggi avevo già imbastito un post in cui parlavo di ragazzi svedesi, di cose che mi sono capitate e magari anche dei bagordi di Valborg. Invece ho sentito il bisogno di consigliare al mondo una nuova serie TV, io che una TV nemmeno ce l’ho.
Poco tempo fa mi è capitato di vedere un film che si chiama “Tiny furniture“. E’ il film scritto, interpretato e diretto da una ragazza che ha proprio la mia età e che due anni fa ha messo in piedi un lungometraggio in cui racconta di quella che è la vita di una ragazza oggi, con tutte le ansie sul futuro, indeterminazione e incertezze che possono passare nella testa di una ventiqualcosenne al tempo della crisi. Anche se Lena Dunham (la regista del film) è super figlia d’arte, nonostante quello che fa nel film non è proprio capitato ad ognuno di noi e considerando che il film totalizza un misero 6.0 su IMDB a me è piaciuto.
Lo consiglio vivamente a tutti quelli che sono stanchi di vedere film in cui un bel giorno la protagonista scende dal letto e sistema la sua vita per filo e per segno, amore, fortuna e lavoro con cinque stelle e vissero tutti felici e contenti. Per sempre. The end.
Il film, che non penso abbia avuto un enorme successo di pubblico, per la mia gioia e quella di Lena, è stato seguito da una serie TV che si intitola “Girls“. I personaggi non sono più quelli di Tiny furniture, anche se gli attori sono in parte gli stessi. La trama però è imbastita sullo stesso concept: gente normale che fa cose normali.
La serie è trasmessa dalla rete televisiva HBO, la stessa di Sex and the City, e nel primo episodio c’è un diretto riferimento a questa serie che poi a guardare bene è visibile nella serie stessa. Quattro ragazze a New York che fanno sesso. Solo che se le quattro di Sex and the City avevano il problema di comprare scarpe costose o di andare al party più cool, quelle di oggi sbarcano il lunario e cercano un lavoro. Che potrà anche sembrare che adesso ci fanno vedere il Sex and the City de li poracci, ma dopotutto chi le ha mai davvero viste un paio di Jimmy Choo? (E sì, ho dovuto controllare lo spelling su Google)
La televisione non è più quella scatola che ci fa sognare. A volte sono contenta anche solo di specchiarmici dentro.
Se non vi basta, un altro punto positivo della serie è che le attrici non sono queste modelle di Victoria Secrets. Sono ragazze, a loro modo carine, ma non hanno una quaranta, niente pin up, tutte abbastanza acqua e sapone. Insomma normali.
Se vi ho già convinto state attenti che nelle prossime righe ci sono pacchi di spoiler (delle prime tre puntate!), se non vi ho ancora convinto continuate a leggere e magari cambierete idea.
Hannah è forse la protagonista. Le vengono tagliati i fondi dai genitori, da cui veniva mantenuta, ed è costretta a lasciare lo stage non pagato dei suoi sogni per trovare un lavoro vero. Ha un ragazzo, un attore a tempo perso, con cui fa sesso stabilmente ma lui non la chiama mai. Hannah convive con Marnie, di cui è anche la migliore amica.
Marnie lavora in una galleria d’arte e sta attraversando un momento di crisi con il suo ragazzo da tanto tempo, la cui vista la fa diventare isterica.
La serie comincia con il ritorno in città di Jessa, dopo uno dei suoi tanti viaggi bohemienne in Europa. Jessa è na pazza fondamentalmente. Fumatrice (di tutto), bevitrice e un pò ninfomane. Va a vivere con il suo esatto opposto, la cugina Shoshanna, che come potrete aver capito dall’altissima densità di acca nel nome è un pò svampita. Vestita di tutine di ciniglia rosa affronta il mondo con la paranoia di essere ancora vergine a ventiequalcos’anni.
Questo è quanto e in realtà c’è molto di più. Non molto magari, ma di sicuro è quello che per qualcuno è molto.
Soprattuto per quelle(i) che le principesse hanno fatto il loro tempo e vogliono sentire l’opinione delle eroine di tutti i giorni in ballerine di H&M.