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Una scommessa facile

Dopo lo sfogo di qualche giorno fa mi sono ricomposta e torno sul seminato per raccontare di quella volta che sono riuscita a trovare l’unico Svedese Asvedese.

Tutto è cominciato prima di Natale. Sì, lo so, sei mesi e passa per un appuntamento sono dei tempi biblici, ma tant’è. Allora io ero al supermercato che aspettavo che sfornassero le lussekatter e vedo che in attesa come me c’è un altro figuro con un cappuccio che mi si affianca. La prassi Svedese vuole che attorno ad ognuno di noi ci sia un invalicabile cerchio di terrore di almeno due metri che nessuno per nessun motivo futile è tenuto a invadere. Ma l’incappucciato entra a piedi pari nel mio cerchio di terrore e per di più mi inizia a parlare.

Uno Svedese, sobrio, al supermercato, che parla a me. Roba da libri di fantascienza Svedese.

Dopo trenta secondi di chiacchierata in Svedese inciampo sul verbo odorare (che è lukta) e da lì ricominciamo in Inglese. In quei cinque minuti di attesa per il fornaio il mio cervello è in corto circuito, il solo fatto che un indigeno mi rivolga la parola in un modo del tutto inopportuno mi ha già fatto svalvolare e non so come, non so perchè gli avevo già lasciato il mio contatto facebook con lui che sbiascicava parole a caso in Italiano per fare il simpatico. Arrivate le lussekatter ci salutiamo e ognuno va per la propria strada. Io, per la mia strada, ci vado con un sorriso stampato in faccia per aver guadagnato mille punti autostima dopo questo inaspettato incontro.

Una volta tornata a casa e con gli ormoni e i sudori sotto ai livelli di guardia, apro facebook e non trovo niente. Magari tra un pò arriva un messaggio. Magari no. Infatti è la seconda che hai detto. Per un paio di giorni mi sono chiesta se non mi fossi sognata tutto e se avessi intrapreso una conversazione con una persona immaginaria, viste tutte le stranezze di quell’incontro. Cose da chiamate la neuro insomma, con tanto di duemila punti autostima detratti per sempre.

La mia esistenza scorre tranquilla fino a un paio di settimane fa, una sera in cui stavo partecipando a quel delirio collettivo che si chiama Eurovision Song Contest, dove per altro la Svezia ha vinto. A pensarci bene, tutta questa storia ha un chè di assurdo. Dicevo che ero in questa festa con la TV accesa sulle votazioni finali del concorso dove scorrevano fiumi di alcool e tutti erano contenti come se fosse la finale dei mondiali. A un certo punto qualcuno mi mette una mano sulla spalla e chiede “Brigitta?”. Io di Brigitte non ne vedo ma mi rendo conto che quel viso non mi è nuovo. Passa un momento e subito mi sovviene: “Lussekatter!”. Lui mi guarda come si guardano quelli che delirano ma dopo un po’ riesco a spiegargli che di Brigitte non ce ne sono ma tutt’al più sono quella che ha paccato clamorosamente mesi fa. Lui nega tutto e forse per pietà mi richiede nome e cognome. E anche questa volta, non so come, non so perchè glieli ho lasciati. A differenza della volta precedente ora siamo “amici”.

Passano pochi giorni e mentre io mi chiedo se sia una buona idea o meno dare corda a questo losco figuro, considerando tutti gli Svedesi camomilli del caso e le altre questioni morali. Ma pure qui, non so come, non so perchè, ci vediamo Mercoledì scorso. Alla fine penso che essendo lui studente molto probabilmente in poche settimane se ne tornerà a casa. In più abita in un’altra cittadina a mezz’ora di treno da dove sto io. Se anche dovesse andare malerrimo, le possibiltà di rivedersi sono piuttosto basse. Mi convinco che alla fine non ho molto da perdere: questa è una scommessa facile.

L’appuntamento scorre tranquillo ma a tratti fastidiosi segnali emergono. Se ‘sti Svedesi hanno mille difetti, c’è una cosa per cui mi piacciono tantissimo: sono modesti. Invece sul fronte occidentale… Seguono stralci di conversazione.

“Io da piccolo giocavo a calcio nella più alta divisione Svedese (che infatti è un pò lo sport nazionale). Ero bravo perchè correvo velocissimo: anche adesso sarei capace di fare i 100 metri in 12 secondi, magari 11. (E ancora qua sei? Corri!)”

“Che lingue parli? Perchè io parlo Inglese, Francese, Spagnolo, Italiano e Portoghese. Ma il Portoghese ha un accento Brasiliano (Sì, anche a me sembrava. E viste le precedenti affermazioni te lo ha insegnato Kaka)”

“Vuoi che ti canti l’inno Italiano? Lo so! (Questo è uno che si applica)”

Da lì, ci trasferiamo al non sense. In ordine sparso: trip da fumata di canna (in cui asserisce di avere avuto un’epifania su come tutto funziona), cenni all’oroscopo Cinese, sproloqui sugli universi paralleli e lui ci tiene farci sapere che ci crede.

Poi passiamo alla altrettanto spaventosa fase “sono già parte della tua vita” che si articola con: auto-inviti a vari miei impegni mondani nel breve-lungo termine, tra cui figurano una serata Baccalà Portoghese + partita dei mondiali e folli notti in discoteca; affermazioni su come lui mi renderà una persona migliore (ad es. insegnandomi tutto sul calcio, soprattutto dopo che io ho fatto un paio di domande idiote). Il tutto condito da un’inopportuna mano (sua) sul ginocchio (mio) che andava e veniva, ma a volte restava.

Dulcis in fundo, io stavo raccontando uno delle mie storielle preferite (quella volta che sono andata a casa di uno dei leader degli SverigeDemokraterna, che sono la Forza Nuova Svedese, e mi sono ritrovata in questo bugigattolo polveroso con delle regole che nemmeno un convento e io manco lo sapevo chi era quello lì! Ma poi continuandomi a venire fuori nei miei contatti di gmail mi sono stupita molto che lo stesso nome e la stessa faccia fossero sul giornale. Ahah. Fine della storia, non fa riderissimo ma se pensiamo che il leader di un partito Svedese affitta camere a casa sua c’è un po’ da ridere.). Finita la storiella lui mi guarda e dice che questi fascistelli hanno anche ragione su certi punti, certo non su tutti ma non sono poi così da buttar via. Insomma, non solo non apprezzi la storiella ma rincari?

Se già la motivazione stava scendendo adesso è in caduta libera. In quanto a persone con idee politiche malsane ho già dato e va bene così.

Passeggiata veloce d’ordinanza da dopo appuntamento al bar, poi stazione e attesa del treno. Lui ha solo una stazione io tipo diecimila perchè prendiamo il treno più lento della storia della Svezia. Al momento in cui deve scendere c’è quell’imbarazzante frangente in cui qualsiasi cosa tu dica o faccia potrà essere usata contro di te. Quindi, alla luce dei fatti eviterei ogni “Ci vediamo”, “Alla prossima” o “Ci sentiamo”, ma mentre cerco un saluto neutro e ammazza-speranze mi dimentico che esiste tutto un apparato motorio. E quando trovo le parole per dire “Bè, buona serata (!?)” me lo trovo davanti alla faccia e nell’imbarazzo generale ripiego su un bacio a stampo.

Non davo un bacio a stampo così a stampo dai tempi dei bigliettini “Vuoi diventare il mio Moroso? Sì. No. Barra la crocetta”.

Aggiornamenti: Dopo due giorni mi chiama e mi manda una due mail (facendo anche una battuta carina). A sentire facebook, pare che si trasferirà nella mia stessa città a tempi brevissimi. E doveva essere una scommessa facile. Io non ho volgia di fare la malmostosa che gli dice che è una bella persona ma che non ho trovato una forte connessione fra di noi. Per cui ero e sono misteriosamente scomaprsa nell’etere.