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Se telefonando…


Questa storia inizia con un “Bubi (quiqu) bi bibumm (quiqu). Bubi (quiqu) bi bibumm (quiqu). Bubi (quiqu) bi bibumm (quiqu)”.

Già le mie doti canore non sono il massimo ma questo è un brano davvero difficile da interpretare.

Nelle mie intenzioni questa è la musichetta a cui mi riferisco. Per quelli che per comunicare con i loro “nearest and dearest” non devono mettersi davanti a una webcam, è l’insopportabile suono che emette Skype quando qualcuno ti chiama. Nella recondita ipotesi che qualcuno abbia indovinato il motivetto dal mio sillabare, per lui ricchi premi e cotillon.

Come in ogni migliore storia dell’orrore, suona il telefono (o chi per esso). Io stavo vivendo la mia vita in pigiama, cercando di recuperare le energie per la serata di venerdì, che sarebbe iniziata da lì a un’ora e mezza. Guardo il computer per vedere chi mi chiama. E’ il mio ex-ragazzo, baciato accidentalmente sette giorni prima durante una serata ai limiti dell’incredibile.

Merda.

Merda perchè questo mi chiama quando io stavo portando avanti con successo una politica negazionista per cui io avrei negato anche sotto giuramento che niente fosse successo senza dare spiegazioni o scusarmi (Che poi, perchè scusarmi? Spiegare cosa e a chi?)

Merda perchè per quanto uno possa essere un ex ragazzo noi donne si vuole sempre apparire al meglio della propria condizione e questo pigiama blu e grigio a fiori tarperebbe le ali anche ad Heidi Klum.

E già che ci sono vorrei sensibilizzarvi al dramma della comunicazione via skype. Durante le videochiamate può capitare che l’immagine si impalli, per usare un termine tecnico. L’immagine che il vostro interlucutore vedrà per qualche secondo sul video (ma gli rimarrà impressa nella mente in eterno!) generalmente vi ritrae in momenti in cui date il peggio di voi. Tipiche pose da video impallato sono gli occhi a mezz’asta (molto peggio degli occhi chiusi), ghigni malefici che nemmeno nell’esorcista, e doppi o tripli menti come se piovesse. Per non parlare della luce che fa sembrare cadaverici se troppo forte o dei partecipanti a una seduta spiritica se troppo fioca. La mia mi fa cadavere.

Quindi, ricapitolando, io stavo per rispondere a una videochiamata in cui tripli menti bianco latte su faccia con occhi a mezz’asta sarebbero potuti essere visti per interminabili secondi, il tutto indossando un pigiama della linea Unwatchable by H&M.

Mi faccio forza e rispondo.

Era effettivamente il mio ex-ragazzo. Che poi non è proprio mai stato il mio ragazzo ma dire qualcuno-con-cui-sono-uscita-per-un-paio-di-mesi-ma-poi-è-andato-tutto-a-catafottersi non suona altrettanto bene. Mi aveva chiamato per fare due chiacchiere, glielo avevo detto io di chiamarmi perchè noi adesso si è amici e questo fanno gli amici: si chiamano e si raccontano cos’è successo da quando si sono visti l’ultima volta. E ricordiamo che l’ultima volta che ci siamo visti eravamo intenti a scambiarci saliva sotto la pioggia, che non è un argomento che offre grandi spunti per una conversazione spicciola, tipo “Come va? Ti ho per caso attaccato il mal di gola venerdì scorso?”.

Per i primi trenta minuti siamo impeccabili, parliamo del più e del meno, di lavoro e di me che tra poco me ne vado. Poi lui dice che anche lui sta facendo il trasloco e che sta lasciando la casa della sua ragazza perchè dopo una lunga ma pacifica discussione hanno capito che era il momento di finirla con tentativi di far funzionare cose che sembrano non andare da nessuna parte.

Se gli rispondo “Evvai!” sono un’insensibile opportunista, se dico “No vedrai che le cose si sistemeranno e che vivrete felici e contenti” sono falsa come una banconota da settante corone. Opto per un “E’ per il meglio”.

Però tra una perla di saggezza e un consiglio da psicanalista di Uno Mattina, e nonostante il pigiama, la luce e il video impallato, l’atmosfera si è fatta rilassata. Si ride, si scherza e alla fine ci si guarda in un momento di silenzio ed è chiaro che ci vogliamo incontrare perchè abbiamo delle questioni in sospeso. Iniziamo a consultare l’agenda perchè i giorni sono pochi e gli impegni mondani troppi. Alla fine viene fuori che quella sera sarebbe l’unica sera in cui sarebbe davvero possibile vedersi.

Era fondamentale vedersi perchè avevamo bisogno di una chiusira, di un punto, semplice o esclamativo. Il problema con noi è che non abbiamo mai avuto un motivo per finire di piacerci. Quando abbiamo smesso di vederci l’ultima volta era perchè o c’era qualcun’altro o eravamo stanchi di questa vita da esule nel fine settimana e da inchiodato a skype per gli altri cinque giorni. Quello di cui avevamo bisogno era di un motivo per litigare furiosamente. Però litigare al telefono non si può, non da soddisfazione e rende frustrati. Anche Mina te lo dice che “se telefonando io potessi dirti addio ti chiamerei”. Ma non può. Poi nel verso successivo sbaglia un congiuntivo però va bè, Mina è e rimane un profeta dei nostri giorni.

Quindi, uno di noi due deve mettersi su un treno per raggiungere l’altro, ma chi? Lui dice che deve andare a lavorare il giorno dopo all’una e che ha paura della mia coinquilina (che è una fobia condivisibile). Io dico che devo fare una commissione prima dell’una il giorno dopo e che mi sento vittima di una booty call internazionale e il mio orgoglio mi impedisce di prendere un treno. Il mio orgoglio fa anche sapere che se però è lui a prendere il treno non si parla di booty call ma di visita con preavviso.

Per risolvere questa spinosa questione ci affidiamo al maturo sasso carta forbice. Carta. Forbice. Vinco io, anche se non succedeva dal 1992: quando si dice il culo. Lui si appella al video impallato ma non funziona. In meno di due ore arriva alla stazione.

In quel momento io ero fuori con i miei amici, ricevo la sua chiamata e insceno un improvviso calo di forma con conseguente uscita di scena. Nel preciso istante che metto la giacca la pioggia è battente ma io convinco tutti che smetterà subito e mi dirigo da sola verso l’uscita. La pioggia non smetterà prima di dieci minuti ma tutti sembrano essersi bevuti la mia commedia mentre io inizio a credere di essere un’attrice mancata e più in generale una brutta persona. Va detto che l’uscita di scena è stata necessaria soprattutto per la presenza dell’amico stalker per cui il mio “ex-ragazzo” ha uno speciale riguardo/rimorso di coscienza/terrore di essere ucciso tra mille sofferenze.

Corriamo fino a casa sotto l’acqua.

Finiamo quello che abbiamo iniziato la settimana scorsa.

Parliamo per ore.

Dormiamo (poco). Soprattutto io. Visto che mi ero dimenticata che russa. E che mi ruba la coperta. Mi sono stupita della precisione chirurgica di questo processo di rimozione che mi ha fatto dimenticare queste cose irritanti sul momento ma mi ricordavo di tutte le altre cose belle che erano nei suoi modi e che lo sono ancora. Solo quando non dorme però.

Un’altra cosa che mi è tornata subito in mente è il suo odore sulla mia pelle. L’olfatto è una brutta bestia, a volte. Dopo due docce sono riuscita a chiudere anche questo cassetto della memoria.

Alla fine, la mattina ci dimentichiamo di litigare e quando arriva il momento di salutarci in stazione rimandiamo la chiusura ancora di una volta. Alla fine siamo dei perfetti ex che non nutrono rancore e che non hanno sentimenti forti uno per l’altra perchè sanno che qui e ora non sarebbe possibile nemmeno provare ad avere una qualsivoglia relazione. E’ il (triste?) trionfo della razionalità dopo il colpo di testa di quattordici ore prima.