2011

2011

lunedì, 21 novembre 2011
To Settle (verb)

La parola del giorno è senza dubbio “settle”, che in una lingua senza fantasia come l’inglese, ha mille significati più uno. Piccola parentesi sulle lingue del nord in cui non si capisce mai cosa volgiono dire. Con questo fatto che tu e voi in inglese si dice alla stessa maniera io ho già preso un buon numero di fregature (andare in un posto e pensare di essere in tanti e ritrovarsi a un appuntamento galante e viceversa). Per non parlare dello svedese in cui val vuol dire sia elezioni che balena. Per davvero, e qui chiudiamo il “sapevatelo” di oggi.

Comunque settle può voler dire di tutto, da costruire a scendere a compromessi, passando per stabilirsi in un posto. Se volete avere un pò di malizia potete unire i puntini e trovare che poi tutte queste cose non sono così scollegate ma forse il folle linguista che ha messo insieme l’inglese aveva un disegno in testa. Arrivo da un filmetto da lunedì sera (quelli con l’aquila della RAI dei gloriosi anni 90) che si chiama Up in the air, con un George Clooney da arrembaggio e una trama che aveva anche una sua dignità. Niente che passerà alla storia ma uno spaccato del mondo di oggi meno stupido di quanto ci si possa immaginare (un pò “Volevo solo dormirle adosso”, solo che lui almeno per un pò di film ci riesce benone a dormirle addosso). Dicevo, il film parla di gente che dovrebbe iniziare a settle (fermarsi) e costruire radici in un posto che non sentono loro, perchè quello che sentono loro è uno stato mentale transitorio fatto di hotel e di sale d’aspetto dell’aeroporto. Uno stato in cui anche la morale è transitoria, in cui non ci sono commitment (altra parola adorabile!) e in cui si può invecchiare ma non crescere. Accanto a questo luogo non luogo c’è l’altro significato della parola settle che si appaia e la rinforza ed è l’accontentarsi. FIno a che punto siamo disposti a scendere a compromessi. Compromessi riguardo a che cosa? Amore, Salute e Denaro? E poi che si accontenta è contento? E chi non si accontenta? Le aspettative, a sentire il film, sono inversamente proporzionali all’età. Chè forse è anche per questo che a 7 anni volevo fare la principessa e adesso faccio il dottorato. Princepessa dei miei batteri! E chissà quale sarà il prossimo compromesso, e ce ne saranno. Nemmeno da nominare il dualismo estero-patria per quanto riguarda i pensieri di un futuro più a lungo termine.
Mi è capitato tra le mani un canadese di recente, uno per cui sembra non ci sia da scendere a compromessi per farselo piacere, e mi chiedo se per un momento smetto di considerare questa possibilità come peregrina ma astraggo che tutto vada in porto, da anello con brillocco a passeggino e casa nella prateria, mi rendo conto di quanto compromessi tra me e il resto del mondo ci siano. E non parlo di compromessi di vendita per la casa nella prateria. Parlo di genitori che vogliono invecchiare in Italia e che inesoraabilmente invecchieranno, di radici, di facce che mi sono state famigliari nei miei primi 25 anni e che non si sa se lo saranno tra altri 5, figuriamoci al traguardo dei 50!
Se un filmetto da lunedì sera mi ha scombussolato così tanto prometto che da ora in poi guarderò solamente twilight che di sicuro non solleva domande così esistenziali.
scritto da: frou alle ore 23:14 | link | commenti
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lunedì, 14 novembre 2011
The wrote and the writ

Torno a ripetere che avere un blog salva dei pensieri temporanei e ti permette di smentirti da sola. A questo proposito vorrei citarmi:

5 Novembre C.A.
“Parlare di B e delle sue malefatte è inutile, la nostra migliore possibilità di cambiare Presidente del Consiglio ce la siamo già giocata: difatti i detriti della stazione spaziale invece di cadere su Arcore sono andati in Canada. Non ci resta che attendere una nuova tempesta spaziale o eventi catastrofici del tutto imprevedibili.”

Perfetto. Se avete bisogno di consigli o previsioni, contattatemi e poi fate esattamente il contrario.
Magra consolazione è stato essere in Patria per il fine settimana in cui il patatrac è successo. Magra per due ragioni: la prima è perchè adesso non è che tutti i nostri problemi sono risolti, il bello inizia adesso, e la seconda è che oltre a rifare l’Italia bisogna anche rifare gli Italiani. L’assuefazione da Biscione avrà slavato una buona metà della popolazione ma stento a credere che l’altra metà si riprenda dal torpore in tempi brevi.
Sicuramente bisogna fare un applauso a Napo, orso capo, che la mossa di Monti l’aveva studiata da mesi e la voleva dire fortissimo ma non poteva rovinare la sorpresa. Ma appena B ha detto che se ne andava l’ha buttata sul tavolo come un poker d’assi. Monti che ha avuto tutta la mia fiducia fino a ieri, oggi mi sta già un pò sulle scatole con questa lotteria dei ministri. Attendiamo con ansia sviluppi, sperando che le premesse siano mantenute e a lungo.

Intanto voi godetevi le tribune politiche e i vaneggiamenti degli opinionisti a tutte le ore del giorno e della notte e se potete (ri)guardatevi il Caimano o Videocracy per tirare un sospiro di sollievo e pensare che (forse) è tutto finito.

scritto da: frou alle ore 22:56 | link | commenti (2)
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giovedì, 10 novembre 2011
Buonasera dottore…

Così, a futura memoria. Nel casino generale che sta succedendo là da voi ricordo che oggi Igor Marini è stato condannato a 10 anni per il caso Telekom Serbia.
Buonasera Dottore.
scritto da: frou alle ore 22:25 | link | commenti
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martedì, 08 novembre 2011
308 – This is SPARTAAAAAAAAAA!!!!

Io non ci sto capendo più niente. Arrivo a casa dal mio corso di svedese e, come faccio ormai da un pò di giorni apro Repubblica con lo stesso spirito di un bambino la mattina di Natale. Ci saranno i regali sotto l’albero? E finalmente è arrivato Babo Natale! Silvio dice che darà le dimissioni. Non oggi. Che Natale di crisi. A rigore di metafora il mio Babbo Natale ha lasciato un bigliettino dicendo che ripassa tra qualche giorno ma di rimanere con la speranza accesa. A corollario, nemmeno la soddisfazione di una faccia impietosa di Berlusconi. Irreperibile un filmato di Emilio Fede. Niente di niente per saziare la sete di vendetta e pubblico ludibrio.
Nella ricerca di materiale audio-video imbarazzante vado sul sito di La7 e trovo la Belpietro che fa la pubblicità di Libero prima della relica del TG. Invece l’home page del Corriere è molto più simile a quella del Fatto Quotidiano, con tanto di Silvio che alza gli occhi al cielo e un contatore gira lentamente fino a fermarsi sul 308. Banderuole che non siete altro. La maggiore soddisfazione l’ho trovata nell’intro di Crozza a Ballarò. L’inconsolabile Bondi vale più di mille parole.
Resta il fatto che questa è Sparta, e se ce l’ha fatta Leonida che ne aveva 300, perchè non ce la può fare Silvio con 8 traditori in meno… ops in più!
scritto da: frou alle ore 23:04 | link | commenti (2)
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sabato, 05 novembre 2011
Te c’hanno mai mandato a quel paese?

Te c’hanno mai mandato a quel paese? Per esempio, il primo cittadino è amico mio e si chiama Matteo Renzi. E’ il nuovo che avanza, quello del Big Bang e di Mike compro una vocale.
A vederlo da qui, quel paese, sembra davvero messo male.
Parlare di B e delle sue malefatte è inutile, la nostra migliore possibilità di cambiare Presidente del Consiglio ce la siamo già giocata: difatti i detriti della stazione spaziale invece di cadere su Arcore sono andati in Canada. Non ci resta che attendere una nuova tempesta spaziale o eventi catastrofici del tutto imprevedibili.
Comunque eventi spaziali del tutto imprevedibili possono succedere anche dall’altra parte. Nel PD è stato organizzato il primo Big Bang (ce n’è può essere più d’uno si chiede la piccola fisica dentro di me?) in cui Matteo si è autoinvestito il nuovo che avanza. La manifestazione era molto democratica perchè ognuno poteva salire sul palco e parlare di quello che voleva per 5 minuti. Che poi non è che quelli che parlavano erano esattamente l’uomo della strada perchè la lista di cosidette personalità era abbastanza nutrita. Ricordamo solo per al cronaca Giorgio Gori e Martina Mondadori, più la sèdicente presenza di Billy Costacurta come figurante muto tra il pubblico.
Ma ancora, perchè il Matteo non mi convince?
Un pò come tutti quelli che si autoinvestono a qualche ruolo, personalmente credo he andrebbero investiti in altri modi. Lui ha deciso che sarà il nuovo che avanza, il riscatto degli attuali trentenni fatto a persona. Lui. Quello che ha un papà alle spalle con tanto di fabrichetta di famiglia. Quello che ha trentasei anni, ha sposato una professoressa (probabilmente la sua vicina di banco del liceo, tanto è noioso) e che ha 3 figli, come difatti ogni trentenne nell’Italia dei giorni nostri si può permettere d’avere. Quello che a 19 anni è andato alla ruota della fortuna e che con quella faccia da “la so io! la so io!” è rimasto per un buon numero di puntate a comprare vocali e girare la ruota. In tempi come questi mi chiedo se abbiamo bisogno di un uomo Mediaset al comando (anche dall’altra parte!) o se non sarebbe meglio ountare a fare la differenza, piuttosto che la concorrenza.
Renzi ha proprio la faccia di quello che se lo incontri in un gruppo di amici ti corregge il congiuntivo sbagliato. Lui è quello che la sa sempre più lunga di te e appena fai un errore non solo rettifica ma aggiunge la nota a margine di spiegazione. Mmmm… che nervoso!
Ma questo fiume di antipatia per lui forse non sarebbe così in piena se lui non avesse fatto un grande errore qualche mese fa. Il nuovo che avanza lì, non solo è andato alla ruota della fortuna ma anche a Il pranzo è servito proprio ad Arcore in compagnia di B un annetto fa. Frou non dimentica e tanto meno perdona.
Allora vacce a quel paese. Arcore, intendo!
scritto da: frou alle ore 17:20 | link | commenti (1)
categorie: politica, pd

mercoledì, 02 novembre 2011
Caring is creepy

Avrei mille e una cosa di cui scrivere, ma la più urgente è una. Devo confessare un piccolo e-stalking.
Scorrendo gli ultimi post parlavo di un ex “lover” da cui mi sto disintossicando. Bene, la settimana scorsa ricevo un buon numero di chiamate da lui e riprendiamo a chiacchierare per ore ogni sera. Come al solito gli argomenti non mancano, salute, lavoro e amore. L’ultimo prevalentemente per quanto mi riguarda, in cui io racconto di quello che mi sta succedendo mentre lui mi dipinge un possibile apocalittico scenario in cui io sarei la causa di mille e una sofferenza. Ci sono stati scherzi su bottiglie di vino da consumare e non solo. Per scherzo ma non troppo.
Così dopo una settimana di chiamate sabato sera chiedo numi circa la impennata nelle frequenze delle nostre telefonate e che cosa ne è stato della attuale “girlfriend” (le virgolette erano state apposte qualche settimana fa con le sue ditina, recentemente non più apposte ma sostituite con nome proprio, ma a me piace ricordarlo così). Ah, è in viaggio questa settimana.
Chiedo se si è reso conto di avermi chiamato praticamente ogni sera.
Dice che non se ne era accorto. Aveva problemi sul lavoro e io sono quella che si sorbisce la zuppetta “cazzi in ufficio”.
Momento di dubbio: lo faccio sentire in colpa o gliela abbuono? Mentre ancora sto decidendo se spegnerlo con una frase sola o meno, lui si rende conto del mio elucubrare e chiede a cosa sto pensando. Ok, lo dico. Mi stai usando come una sostituta della tua ragazza quando lei non c’è.
Non sono una sostiuta. Sono un’entità a me stante! Quella che si sorbisce le zuppette “cazzi in ufficio”: con lei non parla di queste cose. E che onore per me! Come se non bastasse, lui dice che lei conosce solo una versione edulcorata di quello che c’era fra di noi, fatta di teneresi per mano e sbattimenti di palpebre. Si sente in colpa per avere indorato la pillola ma lei si sente già minacciata dalla mia esistenza, per cui era meglio non peggiorare le cose. E su questo punto posso anche dargli ragione, la verità (tutta la verità, nient’altro che la verità) è da scarica barile. Come dire: adesso anche tu lo sai e sono (anche) fatti tuoi.
Con sentimenti misti tra il dispiacere e l’onnipresenza per l’essere lo spettro in una relazione che fatico a capire, passo la mia domenica e non lo sento. Il cazziatone del mi stai usando come rimpiazzo sembra avere funzionato.
Arriva così stasera.
Ciao, non posso chiamarti ma volevo lo stesso chiederti come va e bla bla bla.
Oh, io sto bene, bla bla bla. Sei ancora in ufficio?
No, sono dalla “girlfriend” ma è al telefono, per cui ho pensato di fare due chiacchiere con te.
Benissimo. Parole gettate al vento. Sono un riempitivo per quando lei è al telefono. Sono lo zapping durante la pubblicità. Sono il grissino mentre aspetti al ristorante. Sono la rivista del 1994 che sfogli dal dottore quando ti sta per ricevere. La mia autostima è in cantina e l’errore è in agguato.
Quando frettolosamente chiude la conversazione, ovvio il motivo della fuga, resto con un dubbio e la possibilità di colmarlo. Mi chiedo, questa “girlfriend”, che faccia avrà? L’amore ai tempi di facebook e google è fin troppo facile. Ho resistito per 10 minuti in cui la parte di me che legge Jane Austen teneva ferma la sua posizione e adduceva all’ignoranza per preservare ogni forma di delusione o di compiacimento. Elizabeth Bennet non avrebbe cercato in google la vera storia di Mr Darcy, risolvendo ogni ambiguità per cadere nelle sue braccia più o meno verso pagina 23. Dopo questi pochi minuti di buona volontà ho ceduto. E’ stato imbarazzantemente facile. Mi è bastato il nome e il posto in cui lavora senza nemmeno il gusto di essere un piccolo Sherlock Holmes ma solo ed unicamente una creeper.
Ah, per la cronaca lei non è nemmeno un gran chè.
scritto da: frou alle ore 22:41 | link | commenti (2)
categorie: absolutely impiastri

lunedì, 31 ottobre 2011
I see a darkness

Per caso ma forse non per coincidenza mi metto a parlare di buio nella notte in cui <antiamericanismo facile> la nostra facilmente influezabile società ha iniziato a festeggiare una festa insulsa che non ci appartiene </antiamericanismo facile> mentre ai miei tempi il primo e il due di novembre si andava al cimitero. Altro che mascherine!
Comunque parlare di buio oggi si può e si fa perchè si è passati all’ora legale e si cambia di mese tra poco.Se queste condizioni si sommano alle alte latitudini il risultato è presto detto: riduzione delle ore di luce fino ad un minimo di 5 o 6 ore al giorno le quali le passo al lavoro. La morale della favola è che arrivano i tempi cupi. L’anno scorso per una combinazione di eventi avrei giurato che il mese di Novembre avesse 40 giorni. Una scadenza incombente con lavoro sette giorni su sette che non ha portato a nessun risultato, il tutto in una spessa coltre di neve e gelo hanno reso il mio primo Novembre svedese un mese indimenticabile. Nemmeno con anni di terapia. La mia fobia per l’arrivo di novembre è diventata proverbiale nella mia cerchia di conoscenze. Novembre, anche se dista di una ventina di giorni dal solstizio, è il vero e proprio ostacolo da superare. Dal primo dicembre si entra nel mood del natale, con Santa Lucia, candele, stelle luminose e quant’altro. Ma fino al 30 novembre fatti una scorta di Prozac perchè si rischia il tracollo.
Il mio Novembre, a questo proposito si apre sotto incerti auspici.
Dal punto di vista del lavoro ci sono luci, quelle famose luci in fondo al tunnel, per la fine del lavoro che mi tiene impegnata da Maggio (e che mi avrebbe dovuto tenere impegnata dal Settembre precedente, in realtà, ma ormai è tardi per recriminare…). Il problema più grande è che il tunnel non si sa quanto è lungo e il tempo invece stringe, per cui si rischia di fare la fine dell’anno scorso e di avere gli stessi ritmi di lavoro del mio collega coreano, una garanzia in fatto di stakanovismo! Quando arrivo o me ne vado dall’università e non lo vedo nel suo ufficio a sorseggiare la sua tazza di acqua calda, inizio a pensare che il dottorato stia prevaricando il resto della mia vita. Oh, giusto, il resto della mia vita. E’ un mondo difficile. Felicità a momenti e futuro incerto.
scritto da: frou alle ore 21:55 | link | commenti (6)
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domenica, 30 ottobre 2011
We came with our best line, I can’t believe we get just one

E anche la domenica mattina, in una nebbia tutta Padana solo ad una maggiore latitudine, ci regala emozioni. Scopro per caso che i Blind Pilot hanoo fatto un nuovo album! Sono al momento all’ascolto e non sta esattamente sconvolgendo il mondo della musica, ma magari, col tempo… E’ un gran peccato perchè l’album precedente, “3 rounds and a sound”, era proprio bello. Per non parlare nemmeno del fatto che era nella colonna sonora di Happythankyoumoreplease (http://www.imdb.com/title/tt1481572/) assieme ad altri schitarratori come JayMay e qualcosa di meno melenso, come i Throw me the statue, Genrationals e The war on drugs. Ok, i The war on drugs sono un pò melensi, soprattutto nell’ultimo album ma sono proprio bravi e ancora mi mangio le mani per essermeli persi quando duonavano qui vicino.
In Italia, a fare il paio con tutti gli altri ammanchi socio-politici con cui tardo a confrontarmi per l’immenso ribrezzo, manca un’altra cosa fondamentale: Spotify. Spotify è stata per me la maggiore rivoluzione negli ultimi due anni. In breve, è un programma che puoi scaricare e con cui ascolti tutta la musica possibile immaginabile in modo legale. Ci sono diversi tipi di abbonamento, quello free che però ha un limite massimo di ore (una cosa come 20 ore) e poi ci sono gli abbonamenti a pagamento. Il mio è quello base, per 5 euro al mese posso ascoltare tutto quello che voglio in streaming e lo posso fare sia in Svezia che all’estero (con l’abbonamento free non dura più di 2 settimane quando sei all’estero). La nota negativa è che il serivzio è in streaming, quindi non puoi avere le canzoni sul tuo simil-iPod ma quando sei a casa puoi ascoltare dal trash pop sudamericano al metal islandese.
Quando dico che su Spotify puoi ascoltare di tutto dico veramente di tutto. C’è anche la band del mio ex con le loro canzoni alla timoria dei tempi bui. Cielo.
Invidiosi? Spotify, come le migliori cose nel mondo è svedese ma esiste in diversi paesi in Europa e anche negli Stati Uniti è approdato di recente.
scritto da: frou alle ore 10:30 | link | commenti
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lunedì, 24 ottobre 2011
When there’s nothing left to burn you have to set yourself on fire

(Pollice in su per aver imparato a mettere i video! Pollice in giù per il seguente post, in anticipo, prima di scriverlo!)
Allora, dicevo, quando non c’è più niente da bruciare, non resta altro da fare che darsi fuoco. Inizio travolgente di un album secondo me bellissimo che ho scoperto qualche mese fa. Loro si chiamano Stars e sono una band canadese che, assieme agli Arcade Fire, stanno bilanciando il cattivo karma del Canada in campo musicale, il quale ci ha appestato con i Nickelback e i Sum41.
Comunque questa ballatona con violini e un bel suono pieno, assieme a delle parole spezza cuore l’ho buttata lì per andare a parlare di ex-lovers che sono dead to me, o almeno non stanno troppo bene.
Principalmente si tratta di uno, ed è quel collega con cui ho avuto una tresca. Per iniziare, se in una frase ci sono le parole “collega” e “tresca”, la possibilità di un lieto fine è altamente improbabile. Ma quando ci sono gli ormoni in circolo diventiamo tutti dei cani in matematica e allora a fanculo le probabilità! E’ così che mi imbarco in questa storia sapendo fin dall’inizio che c’è qualcosa che non va. Ma cosa?
Ah, già! Il pattern! Non ho detto partner, ho detto pattern. Allora, spiego. Una storia che dura per un decente quantitativo di tempo con un importante coinvolgimento emotivo è seguita da una scappatella breve con poco o niente cuore. E così via all’infinito. Questo è più o meno da sempre per me. Regola incontrovertibile (o comunque “incontroversa” fino ad oggi e per questo valida). Allora facciamo due calcoli… quello di prima è resistito nove mesi con cotta da scuola media, quindi questo mi spiace ma non dura più di qualche settimana. E così è stato. Taaaac!
Se è stato un esercizio di statistica l’analisi di perchè è finita, allora posso definire clinico il metodo con cui i rapporti sono stati interrotti. Premettiamo che vista la distanza eravamo su skype ogni sera per ore. Dal momento in cui abbiamo deciso (ha deciso… ho deciso… si potrebbe parlare per ore di chi ha lasciato chi!) di “lasciarci” le chiamate skype si sono diradate in maniera progressiva, i messaggi sono anche lor calati in frequenza. Le melensaggini hanno avuto un crollo verticale e abbiamo finito in bellezza con una sua cartolina dalla conferenza in cui mi dice che spera di mantenere l’amicizia in modo di poter ancora mangiare cibo italiano. Il canto del cigno è stato, ad onor del vero, preceduto da una mia cartolina in cui dopo un panegirico sul soggetto della fotografia mi congedo con un neutro “Cheers!”. Neutro che più neutro non si può. Praticamente come un eroinomane si disintossica con dosi calanti di metadone anche noi ci siamo disintossicati senza troppi graffi.
Forse.
Rimane sempre un pò di amarezza per le grandi promesse (le sue) che sono andate in niente, per i fine settimana che sembravano finire subito, il mio zaino che si espandeva piano piano a tutta la camera, fare la spesa al supermercato e il concerto di Prince in sottofondo mentre cercavamo di indovinare la compagnia degli aerei che atterravano.
Ma ritorniamo ai pattern. Che poi come si dice pattern in italiano? La cosa più vicina che mi viene suggerita da google translate è schema o motivo. Però pattern ha in più quella componente autistica che descrive meglio la situazione. Dicevo che i pattern non sono io l’unica ad averli. Perchè il suo pattern consiste in avere una relazione a intermittenza con una sua collega (ancora: realzione+collega=BOOM!), che passa da on ad off ogni due mesi con ciclicità. La fortuna ha voluto che io mi infilassi in uno di questi due mesi, in un incrocio fortuito di pattern!
Se ci affidiamo alla logica della ripetizione degli eventi all’infinito pare ovvio che queste strade non si potranno più incrociare. Perchè io metterò la testa a posto (per un pò) e lui, più o meno fra un mese, forse tre settimane, si riprometterà di non avere più a che fare con la sua attuale ragazza, per un paio di mesi almeno.
Questa logica schiacciante non è altro che un modello che ci costruiamo per pensare positivo e cercare di razionalizzare l’imprevedibile.
scritto da: frou alle ore 22:11 | link | commenti (1)
categorie: paturnie

sabato, 22 ottobre 2011
Fembot 

Perchè se passate di qua vi dovete anche sorbire un pò di musica svedese. Questa, così per la cronaca, si chiama Robyn e da quanto mi dicono le mie fonti, godeva di un discreto successo anche in Italia, o almeno mio cugino la conosce. Fatto sta che la biondina alla veneranda età di 34 anni (o giù di lì) saltella come una dodicenne sul palco per un ora buona quando fa i concerti dal vivo. (Ebbene sì, l’ho vista dal vivo).

Comunque, la Robyn mi serve come nesso per andare a parlare di qualcos’altro. Niente in particolare forse, ma solo della consapevolezza di avere un extra spazio dove poter scrivere e andare al sabato mattina quando finalmente puoi goderti il dolce far nulla dopo una settimana di lavoro. Praticamente come rendersi conto di avere una stanza in più in casa che non avevi mai notato. Ecco, io per esempio in questo appartamento svedese vorrei un soggiorno.
Ho una cucina, una camera, un bagno, un’altra camera della mia coinquilina e un giardino. Manca un soggiorno e un divano, ma non si può avere tutto dalla vita, mi tocca concludere.
Una cosa che mi è sempre (“sempre”: abito in questa casa da Marzo!) piaciuta è il fatto che il giardino è condiviso con delle famiglie con bambini piccoli, che scorrzzano liberamente, scalzi e in maglietta, con il sole e con la pioggia, e giocano sull’altalena e nella casa sull’albero. Perchè non ho un soggiorno, ma ho potenzialmente una casa sull’albero!
E poi dimenticavo dell’extralusso della casa, che la fanno un posto invidiabile nonostante qualche “differenza di vedute” con la coinquilina. Ho una lavatrice e asciugatrice in casa! Bel lusso, direte voi. In questo caso sono felice di annunciarvi che la maggior parte delle abitazioni in Svezia condivide la lavatrice, che di solito è nel semiinterrato, e che, come per ogni cosa in Svezia, bisogna prenotare con giorni di anticipo e attenersi strettamente agli orari stabiliti. Accade così che se chiedi a qualcuno di incontrarti all’ora X il giorno Y, questo ti risponda “no, mi spiace ma devo fare la lavatrice”. E non sai nemmeno se è un due di picche!

scritto da: frou alle ore 10:25 | link | commenti (2)
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giovedì, 20 ottobre 2011
Se stasera sono qui… 

è perchè ti volgio bene? No, forse non è questo il caso, ma di sicuro c’è simpatia!

Se stasera sono qui è perchè mi piace poter scrivere e rileggermi per esteso, non in un paio di righe, che non sia mai che impalli la bacheca dei miei “amici”. Sono qui anche perchè è bello poter scrivere in libertà senza pensare a offendere uno, alludere a un altro e cercare l’approvazione di tizio e caio.
Non sono mai stata una grande esternatrice su facebook. Non ho una situazione sentimentale, non scrivo quasi mai niente di “quello che ho in mente” e non ho una fattoria o un aquario. Sarà che mi è sempre piacituo essere criptica e trovo che sia molto più interessante dire e non dire. Mi piace lanciare messaggi in bottiglia, in genere sottoforma di canzoni e sperare che un orecchio attento cogla il riferimento mentre il resto della marmaglia lo percepisca come rumore in sottofondo. Il successo di queste operazioni è pressochè nullo, anche perchè spesso il destinatario non ha facebook, ma se di mistero si può parlare mi piace averne un alone e condividere sensazioni o stati d’animo piuttosto di dire cosa mi bussa in testa in quel momento.
Tra l’altro tutto il sistema facebook sta raggiungendo livelli d’assurdo che ritengo debbano essere resi pubblici per salvare almeno voi, eventuali lettori!
Il dipartimento universitario in cui lavoro ha un gruppo di facebook dove le solite tre persone condividono contenuti inutili e cercano di fare gruppo (è proprio il caso di dirlo!). Non ultimo un post doc che ha scritto, come in un immaginario urlo: “Scientists!”. Eh? Che vuoi? Con questo grido sono stati allietati non solo i poveri PhD student, che più li (mi) vedo e meno mi convinco che ci sia qualcosa di buono nell’essere “scientists!”, ma anche i grandi capi che sono dotati di un profilo facebook. Con i grandi capi nessuno o quasi è “amico”. E ci credo. Cadrei dalla sedia se mi vedessi arrivare la richiesta i amicizia del mio boss. In compenso facebook e i suoi mirabolanti algoritmi mi ricorda quasi quotidianamente che “potrei conoscere” il mio co-supervisore. Bisogna dire che tra me e quest’uomo non corre buon sangue, forse perchè ogni sua idea si è rivelata un totale fallimento e una colossale perdita di tempo, forse perchè nonostante gli abbia dato fiducia per i primi 6 mesi è stato capace di perderla non condividendo dati importanti, forse perchè l’unica cosa che doveva fare per il mio attuale progetto l’ha fatta in tre mesi invece che in una settimana (e l’ha fatta male), forse perchè è semplicemente nella natura umana cercare un capro espiatorio per i propri mali e canalizzare il proprio disprezzo tutto su una persona piuttosto che suddividerlo in tanti piccoli perzzi e donarlo al mondo o a sè stessi. Fatto stà che non siamo amici su facebook e nemmeno lo voglio diventare. In compenso mi è capitato che mi mandasse dei promemoria su Google chat. Mannaggia alla tecnologia!!!
Un altro fatto che ha dell’esilarante è tutto quel malato meccanismo da piccolo Sherlock Holmes che si insinua in ognuno di noi quando abbiamo una storia dammore e abbiamo facebook. E’ come avere una caramella e ti dicono che non la puoi scartare per vedere se è davvero una caramella o è solo un escremento di capra in un bell’involucro. La tentazione di essere un pò stalker ci fa decisamente perdere il senno. Non starò qui a parlare di me in prima persona (chi è senza peccato scagli la prima pietra!), ma riferirò di un’amica che mi chiede se il tale il suo ex è ancora single, se è ancora su facebook, se scrive cose astiose su di lei e se sua sorella fa lo stesso. In tutto ciò, io mi devo mettere un impermeabile telematico, occiali da sole parrucca e andare a spulciare in quello che persone di cui non mi interessa gran chè (ma sono miei “amici”) parlano e sparlano.

Non ho il coraggio di rileggere sta sbrodazza qui sopra ma sono quasi sicura che sia uno dei peggiori post che io abbia mai scritto e non perchè il mio italiano è ai livelli di terza elementare o perchè abbia voluto dire più cose di quanto una normale frase possa contenere ma perchè tutto questo facebook, in qualnto tale, sta iniziando a diventare un tedio!
scritto da: frou alle ore 23:08 | link | commenti (3)
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martedì, 18 ottobre 2011

De il perchè avere un blog potrebbe salvarmi anni di terapia

Ancora in italiano. Sembra che stia ritornando alle origini! Stasera dopo una giornata estenuante con tanto di esame di chimica farmaceutica al palazzetto dello sport e le solite due ore e mezza di svedese culminate con gli ultimi due minuti in cui l’insegnate mi chiede: “Serena, descrivi il tuo uomo ideale”, ecco che mi ritrovo a vagare per queste pagine.
Mi chiedo se forse facebook non sia morto e il blog sia il vecchio che torna, come quei pantaloni con la vita sotto le ascelle che li hai guardati per anni chiedendoti “Perchè?!?” e poi tutto a un tratto te li rimetti e sono così comodi (per non parlare del fatto che le congestioni sono ridotte a zero, alla faccia della vita bassa!). Insomma intanto che sono qui e gioco con questo mangiacassette del web 2.0 mi chiedo se già in questo breve periodo non possa avere maturato un paio di visite da uno psicologo in meno. Punto primo, perchè in preda alla teenager che c’è in me qualche mese fa ho vomitato un bel pò di disagio per una storia (praticamente mai iniziata) che è già finita (Battistiana al massimo, nell’espressione e nel bastimento di sfiga che questa storia si è portata dietro). Il suddetto vomito contiene più d’un riferimento alla mia Fantozziana situazione e cita improbabili eventi astrali come metro per un cambiamento imminente. E… BAM! Eccola là che nemmeno dopo due mesi di lutto me ne scorrazzo felice all’altro capo dell’Öresundbrön con un collega. Scorrazzamento che ha lasciato il tempo che trova, un chiodo schiccia chiodo forse, e adesso sembra che debba trovare un terzo chiodo per ammazzare ogni precedente puntello. Ma non era di questo che volevo scrivere. Forse anche di questo. Il punto era di scirvere qualcosa “a futura memoria” in modo che tra due mesi possa venire qui e fare due conti con me stessa (per concludere come sempre accade che mi sbagliavo alla grandissima!).
Quindi, appunto per la futura me: oggi sei andata al corso di svedese e il chiodo numero 1 era là e non ti ha degnato di uno sguardo. Niente saluto, niente occhiata di sottechi. Niente. Nisba. Ingenting. Per la cronaca tu ci sei rimasta male ma non troppo, alla fine non posso fare miracoli. Un filo di tremarella alle gambe quando lo hai visto in messo alla folla ma niente che non possa essere dovuto allo sbalzo termico di circa 10 gradi tra la classe stalla e l’atrio con evidenti problemi di isolamento.
E tra due mesi riparleremo di comete cadute e quant’altro. Chissà dove e chissà come!
scritto da: frou alle ore 23:17 | link | commenti (1)
categorie: absolutely impiastri

lunedì, 17 ottobre 2011
De i motivi per cui non vale la pena di scrivere in Italiano (speciale per voi in Italiano)

E 5 minuti dopo avere scritto in un commento al post precedente che non ho tempo per scrivere mi metto battere sulla tastiera. Devo dare credito a ioria che mi dice di non scrivere in inglese: ebbene sì, lo faccio anche un pò perchè “fa figo” e come dice il mio libro di svedese “de pratar engelska för att de inte vill att vi förstå hur dåliga texterna är” (cioè parla in inglese per nascondere il fatto che hai poco da dire).
Ciò nonostante non che voi laggiù ve la passiate meglio! Ora, non voglio fare il Beppe Severgnini della situazione, che tra l’altro mi va parecchio di traverso, ma vi sentite?
Aprire (per via telematica) un giornale italiano è già una sofferenza di per sè ma leggerlo è una vera coltellata nello stomaco.
I malpancisti? I responsabili? Il killeraggio (che poi fa coppia fissa con il dossieraggio)? Indignazione e variazioni sul tema (con una recente declinazione spagnola che fa tremar le vene e i polsi!) sono ormai un sempre verde. Inizio a rimpiangere i bei tempi di “montagna assassina” e “ondata di scioperi”, perchè almeno li potevi tradurre nella tua mente in “alpinista pirla” e “ATAC di merda”. Ma cosa devo pensare io di un malpancista? Ogni battuta su questa parola è così facile che anche al Bagaglino si vergognerebbero a farla. Bè, forse no.
Non resta che sperare in tempi migliori dove il paese del dolce stilnovo ritrovi la retta via, non solo per quel che riguarda il linguaggio. Oibò!
scritto da: frou alle ore 22:17 | link | commenti
categorie: politica, attualità

sabato, 10 settembre 2011
Läget?

Det är bra, tack. Det är alltid “bra”.
Rule number one for surviving Sweden: if someone ask you how are you (“läget” means situation and it´s the cool way to ask how is it going) you have to answer bra, alas “good”.
It´s always good, being in Sweden is good, life is good, good is good.
Do not complain or show any hesitation between the queston mark is pronounced and you lips roll on each other to pronounce your Bra. Any sign of doubt might be the cause of panic scene and uncomfort by your talk buddy.
Swedeish lesson number 2: if läget is bra it cannot be awesomly bra of underbar (=amazing). You need to know that you have to IKEA standardize every feeling: more for every one. So here it comes Swedish key word “Lagom” that means not too much and not too few, exactly what you need.

It might seem like I am complaining about Sweden and maybe it is, but this is just because I am in Italy from less than 24 hours for not more than 48 and a litlle bit of Italian complaining mood is always what gets me when I arrive here. Sweden is good and their language is better. And as would have said Mies ven der Rohe if he only would have known Swedish:
“Lagom is more”
scritto da: frou alle ore 09:45 | link | commenti (3)
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domenica, 05 giugno 2011
It’s a bomb, it’s not
God, how much time passed by.

Result? I feel much more confortable to write in a language which is not mine but I am forced to speak almost all day, I feel like a drop in the sea in a sea that I’ve never been in and it hurts so much I can barely breathe.
Life kind of sucks, sometimes. I am sure there will be better days, better than this one.
I am sure that I will not have this feeling when I will see passing by the overnight guest of my roommate that uses my toilet as it was a barn and with a grace that not even compare him to a pork says hi before getting back to her room. I can’t say if it was a burp or a hej.
Nevertheless I can’t take out of my mind the idea that she got that monkey whoever he the hell was and I am here (not even able to) cry like a baby for having thrown away 9 months of my life not for a relationship but for the idea of one. The idea that you meet someone and things get intimate but they don’t anymore after a while and then they do again and this up and down continues forever until I find the guts (because you need them) to say in front of him all my feelings in the goofyest possible way, but still. Then after three long days when he’s making up his mind about whether he likes me enough or not he goes for the not and here I am, alone and battered.
Did I mention by any chances that my two best friends in this shit place opend up their hearts to me saying they were into me vanifying every chance of trusting them completely anymore? Did I? Fuck, what’s wrong with all of you? Just let me be. I really wonder if there is still hope out there. The summer is approaching, the city is emtpying, I am staying and since my hit said ( or better babbled) something like I like you too but I am confused, I already know that I’ll be wasting my mind for long time after this sentence trying to find a way to make him fall, unless I will not get occupied by someone else which seems as likely as a comet would hit this house here and now. Stupid small see in the wrong side of the world.

I like you but no enough? What do you need? Don’t like me if this is all what is about. Just take your words and measure and weight them, being honest is ok as long as it doesn’t cause more hurt than it’s needed. Just say you don’t like me, it’s good for my head and my heart. Just be cruel, so at least I could hate you.

It’s going to be ok, changes are approaching and changes are always good. Changing see, chnaging attitude, changing mind. Because there is no way to be ok when you are kind.

scritto da: frou alle ore 17:22 | link | commenti (3)
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