(Andate e) ritorni #1

Nella vita bisogna darsi delle semplici regole per facilitarsi le cose.

Coltivare le mie passioni per quanto peregrine siano e dedicargli un po’ di tempo in modo costante (compatibilmente agli altri miei impegni), essere gentile con gli altri sperando che a loro volta siano gentili con te, non rimuginare troppo a lungo e non restare arrabbiata per cose per cui non ne vale la pena.*

E non tornare nei posti in cui sono già stata.

In un travisamento totale delle teorie di Eraclito io decido di non inzupparmi due volte nello stesso fiume (inteso come luogo e non come tempo). I posti in cui sono già stata, catastrofi permettendo, sono sempre lì. Il problema è che tornando in un futuro prossimo le persone che c’erano non ci potrebbero essere più e se pure ci fossero le intenzioni e le sensazioni non sarebbero le stesse. Il ritorno a lidi già visti è un invito irrinunciabile a rimuginare, male!, fare paragoni sul passato e sul presente, male!, con il rischio di entrare in una spirale discendente che non giova a nessuno, malissimo!.

Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia stesso mare con me non attacca.

Poi succede che in certi posti ci devi tornare perchè le situazioni lo richiedono. Proprio a me lo chiedono, mannaggia! E me lo richiedono nel giro di qualche mese in due posti diversi. Questo è il primo post di due (forse) sui ritorni a luoghi che mi sono stati cari.

Il primo luogo in cui sono tornata è la Svezia. Visto che il blog si chiama(va) appartamento Svedese non è difficile credere che la Svezia sia stata lo sfondo di un bel pezzo degli anni passati. 5 per l’esattezza, seppur con alcuni intervalli.

La settimana scorsa sono tornata in quei luoghi perchè la mia coinquilina di allora finiva il suo percorso di dottorato e avendone condiviso io metà con lei, di cui sei mesi sotto lo stesso tetto, ero precettata. Nulla contro la mia volontà, sia chiaro, ma di sicuro era qualcosa che avevo cercato di evitare durante gli ultimi due anni.

La permanenza è stata di quattro giorni: uno per chiudere i conti (bancari) con il passato, il secondo per presenziare alla cerimonia di passaggio della mia coinquilina, il terzo per ballare e il quarto per portare tutto a casa davanti a un tè nell’aeroporto più bello che esiste (secondo me).

Il primo giorno ho fatto tutto quello che secondo le mie regole non avrei dovuto fare. Sono andata con la mia valigia (reale e non) in giro per la cittadina. Avevo qualche commissione da fare ed era già primo pomeriggio. Senza esitazione sono andata a colpo sicuro nei negozi e negli uffici in cui dovevo andare, solo dopo mi è sovvenuto che dopo due anni e un po’ ogni cosa era dove l’avevo lasciata. Non mi era sovvenuto che qualcosa potesse essere cambiato e infatti nulla era diverso. L’unica differenza era stato uno scambio tra qualche negozio: Lindex era al posto di Indiska, che era dove prima si trovava Gina Tricot, mentre Ålhens si era trasferito dive prima c’era Lindex (che al mercato mio padre comprò). Di tutto il resto nulla era cambiato.

Avendo sbrigato alla svelta le mie commissioni mi sono trovata con un po’ di tempo libero prima di incontrare i miei amici che uscivano dal lavoro. Ho deciso di fare la cosa più sbagliata da fare: tornare sul luogo del misfatto. Pochi mesi prima di finire il dottorato ero venuta a conoscenza in modo indiretto che la casa in cui abitavamo era stata comprata da una società edile che la voleva abbattere per costruire sul terreno un complesso di appartamenti. La casa era una villetta in pieno stile svedese con i mattoni rossi e le finestre con i telai verdi. Noi abitavamo nella dependance della villa, un appartamento sopra al garage. Nonostante abbia passato solo sei mesi dei cinque anni Svedesi in quella casa, ne sono rimasta molto attaccata emotivamente. Il mio trasloco in quella casa era coinciso con un passaggio emozionale, uscire dalle paranoie del recente passato verso qualcosa di migliore. E infatti qualcosa(uno) di migliore arrivò solo una settimana dopo il trasloco ed è ancora qui con me in una casa nuova, ad Albione. Il fatto che quella casa fosse destinata a essere macerie mi era dispiaciuto e adesso volevo andare a vedere se era diventata un’araba fenice.

La mia sorpresa fu grande quando arrivata all’incrocio della strada la vidi ancora lì, tutta d’un pezzo. La porta di legno, la cassetta delle lettere sgangherata, la finestra di quella che era camera mia con le tende aperte. Ho fatto una foto in fretta e furia, sperando che nessuno mi notasse e me ne sono andata. A fianco alla casa c’era un cantiere, il cartellone pubblicitario annunciava “case a un passo dal centro, pronte per l’autunno 2016”. A Gennaio 2017 i muri non erano stati eretti, una piana di ghiaia bianca al loro posto. A volte i cattivi delle fiabe non vincono alla fine.

Ho preso una fika in un bar di un franchise che fa della sua bandiera l’essere sostenibile ed equo e solidale (ma che non accetta pagamenti in contante!) e davanti a un kanelbulle e un tè ho apprezzato la calma Svedese. Due ragazze chiacchieravano, chi leggeva un libro su una poltrona, un signore con dei fogli di lavoro ma nessuno sembrava di fretta. Io intanto contavo le cose che mi ero ricordata solo oggi della Svezia.

Le mie personalissime osservazioni sono:

Il caldo negli edifici, pubblici e non. Il riscaldamento elettrico Inglese, a imperitura memoria di Oliver Twist e di tutta la letteratura sfigata dell’800, mi aveva fatto dimenticare cosa vuol dire avere una casa calda davvero**. In Svezia nelle case fa caldo. Io sono stata tutto il tempo in maglietta quando in casa.

L’aria nei locali pubblici e non ha un odore che solo in Svezia. A volte mi ricordo di odori a distanza di anni che mi ricordano inequivocabilmente un posto o una situazione. La Svezia odora di Svezia, non saprei come altro dirlo.

I bagni sono unisex e il coperchio del water è di plastica leggerissima.

Il cibo nei locali è semplice e salutare. Carboidrati, proteine, vegetali. Magari un po’ noioso, però non esageratamente e inutilmente elaborato.

Sono tutti magri.

Per il resto del mio soggiorno il centro focale sono state le persone. Dopo aver fatto i conti con il fatto che come me gran parte dei miei amici più stretti se ne sono andati a loro volta, è stata tutta una festa. Saluti, abbracci e risate con chi è rimasto. Qualche novità, chi ha comprato casa, chi ha cambiato lavoro, chi è sempre il solito pirla e imita Cannavacciuolo e Barbieri facendomi quasi piangere. La fatidica domanda “come ti trovi ad Albione?” è stata posta un numero molto alto di volte e la mia risposta, affinata recita dopo recita, smussava gli angoli di questo paese che ancora non mi piace e si concentrava sulle cose positive. Va bene un po’ di onestà ma non sono in miniera ai lavori forzati, smettiamola di lagnarci.

Abbiamo ballato, cantato, ascoltato il fado, fatto brindisi e ho pianto ad ascoltare un orgoglioso padre Portoghese.

Il giorno dopo sono ritornata sui miei passi, non triste perchè la mia permanenza era finita, non contenta di andarmene. Lagom, insomma.

Ciao, Svezia. Forse dopo un po’ di lontananza sono riuscita a ritrovare in questa tua flemma quello che mi aveva attratto, all’inizio, e stancato, alla fine. La tua monolitica immutabilità, un tempo fonte di frustrazione, dà un senso di sicurezza quando si vede con gli occhi del turista. Se mai ci rivedremo, sappi che nonostante tutto un po’ mi manchi.

 

*Sono una donna non sono una santa. Transigo a queste regole a volte, come si potrà notare anche nelle righe di questo post.

**Ho vissuto per due anni in una casa con il riscaldamento elettrico, umida come la cambusa di una nave. Adesso vivo nella civiltà come tutti voi e vivo in una casa con il riscaldamento a gas, si sta bene. Mamma, va tutto bene, non preoccuparti.

Un Commento

  1. virginiamanda

    C’era una volta una canzone di Jovanotti dedicata alla sua amata che diceva: “Mi devo allontanare da te, per vederti tutta intera, devo fuggire da te, per scoprire che sei vera”. Io penso che con la Svezia valga lo stesso. Bisogna allontanarsene per riscoprire tutti i suoi lati positivi, che abitandoci, finiscono per estenuarci.

  2. Nel sud del nord

    Penso che prima o poi andrò via da questa Svezia ma credo che anche per me ci saranno situazioni che mi faranno tornare. È vero, la Svezia ha un odore particolare, l’ho sentito la prima volta che sono venuta quassù, poi di nuovo quando mi ci sono trasferita, poi non più, ora non riesco a sentirlo. Tutti magri??? Ma sei sicura? È da tanti anni che vivo in Svezia e a me sembra che una grande parte della popolazione sia “cicciona”, a partire dai bambini fino ad arrivare agli anziani!

    • Frou Svedese

      Mi fa piacere non essere l’unica a pensare che la Svezia abbia un odore 🙂
      La mia impressione è che siano tutti magri e se non sono magri sono in salute. Ho sempre avuto una corporatura normale, la classica 42-44. Quando andavo in palestra in Svezia mi sembrava sempre di essere la pecora nera. Vado in palestra qui e mi sembra di essere Jane Fonda. Per non parlare del numero di persone talmente in sovrappeso che per muoversi devono usare quei deambulatori tipo motoretta.
      Poi questa rimane comunque la mia esperienza: città che vai obesi che trovi. Essendo la mia esperienza svedese prevalentemente in una città universitaria è possibile che avessi un’impressione diversa da città Svedesi al 100%.
      Hälsning 🙂

  3. fughetta

    oh, ma che bel post e me l’ero perso! Sarà che il 6 febbraio ero anche io mezza di qua e mezza di là.
    Due settimane fa sono tornata nella mia casa belga, avevo lasciato lì delle cose da vendere, un asse da stiro, una scala, alcune caraffe. E’ una cosa che sapevo non avrei dovuto fare e infatti ho voluto svuotarla di tutto ciò che è mio. Se dovessi tornare ad Anversa (cosa che succederà di sicuro) ho altri posti dove andare.
    Pur sapendo che quella casa non era più mia e pur non sentendo nessun attaccamento particolare né al mobilio (mio, comprato dalla coinquilina) né all’atmosfera in generale (credo che chiudermi alle spalle l’esperienza belga sia la cosa migliore da fare) non ho potuto notare come nel giro di un mese la casa fosse già in uno stato di trascuratezza che non le apparteneva quando c’ero io. A partire dall’odore (!) terribile di fumo e di chiuso e di chissà che altro, un odore che ti si attacca ai vestiti. Mi si è chiuso lo stomaco, dopo aver venduto il vendibile e aver spostato le mie cose mi sono chiusa la porta alle spalle con un senso di liberazione.

    • Frou Svedese

      Ciao Cara! Viene fuori che mettere insieme più di qualche riga una volta ogni tanto non mi veniva più spontaneo e quindi è iniziato questo iato che dura da un anno su per giù. In compenso, mi riesce più congeniale scrivere (poco) su Twitter! Più o meno tutto bene, buuuuu Albione e W l’amore, altrimenti niente di rilevante. E tu? Nella mia letargia ho perso anche l’abitudine di leggere i blog su WordPress! 🙂

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