Serramenti
(Che poi uno i serramenti non li deve per forza chiudere, no?)
Succede che ci sono delle sere di Gennaio in cui uno si rimane da soli con i propri pensieri e non si può fare a meno di farsi delle domande (che non bisognerebbe farsi in una fredda sera di Gennaio), tipo “Dove sarò tra cinque anni?”, “Che cosa starò facendo?” o più in generale “Che cazzo sto facendo ora della mia esistenza?”.
Questa vita da nomade in cui mi sono cacciata è bella. Quando siedi a un bar e racconti la tua storia, le città in cui vivi, hai vissuto e in cui tornerai o meno ci sono persone che genuinamente ti invidiano. Peccato, che con questo stile abitativo molto temporaneo non sia possibile creare legami stabili. Non con cose, luoghi e sopratutto persone.
Le persone sono il vero problema: apri porte, finestre e tapparelle, fai entrare persone nella tua vita, altre escono e alla fine è un bazar in cui tanti passano e pochi rimangono. Forse è così per tutti ma la mancanza di un luogo fisico in cui raccogliere tutte queste persone fa sentire il loro passaggio ancora più fugace.
Le persone non sono il problema: il problema è che uno ci si affeziona alle persone, in meno di un giorno, forse meno di un’ora. Disaffezionarsi è il problema.
Succede che ho aperto una finestra per qualcuno. Volevo farlo entrare, lo volevo così tanto che mi svegliavo nel cuore della notte per pensare a quanto sarebbe stato bello se. Immagino che volere a volte non sia abbastanza. Non so se anche lui aveva le stesse intenzioni, così forti, ma è certo che se c’è qualcuno che ha mancato di volontà è stato lui. Lo dico senza rancore: mi sono messa in gioco, ho chiesto, ho scritto, ho ballato, ho sorriso. Adesso scrollo le spalle. Mancano pochi giorni alla fine dell’Appartamento Olandese e ho già due valigie da riportarmi in Svezia, non mi posso portare dietro altri fantasmi.
Succede che avevo socchiuso una porta tempo fa. Fortunatamente non sono l’unica persona al mondo che fa questa vita raminga e succede che io e lui ci veniamo a trovare nella stessa nazione. Ai capi opposti, ma sempre nello stesso Stato, e fino ad ora non era mai successo. Ci sentiamo, parliamo, ridiamo, io sorrido di quel sorrido che lui conosce bene. Lui mi racconta della sua vita Olandese, temporanea come la mia, e dei suoi nuovi incontri, del suo mentore, una ragazza Italiana di Pisa. Gli dico che dovrebbe provarci, perchè io sono una disinvolta e incentivo i miei ex ragazzi a saltare addosso a chiunque gli capiti a tiro.
E lì lui si mette a parlare di porte. Dice che ha chiuso parecchie porte e prima di aprirne di nuove vorrebbe cercare di capire se ne ha lasciata una socchiusa. Forse ci vedremo la prossima settimana. Forse.
Di lui mi piace che posso prenderlo in giro e lui può prendere in giro me. È bello ed insieme siamo uno il complemento dell’altro. Lui capisce quello che faccio al lavoro, frustrazioni, scazzi, (rare) gioie. Crede che io sappia cucinare,l’illuso. Tra noi due lui è la fighetta, io sono quella tutta d’un pezzo che dà consigli e sa consolare. Lui è la drama queen della situazione e la interpreta con la maestria di uno che ha vissuto in un paese del Sud Europa per tutta la vita con una punta di esoticità lasciata da quegli anni in cui era nella sua isoletta in mezzo all’Atlantico.
Di lui non mi piace che per almeno altri quattro mesi non saremo nella stessa nazione e nemmeno in paesi confinanti. Russa come un trattore e ovviamente dorme abbracciato a me, con la pesta appoggiata al mio collo. A volte non sa di avere torto e non sa fermarsi anche quando sa di fare un errore. Di lui non mi piace che tradì la sua ragazza di allora (con me…) e lei non lo è mai venuto a sapere.
Penso alle porte, socchiuse e non, al fatto che non mi sono svegliata stanotte a pensare quanto sarebbe bello se ci incontrassimo la prossima settimana, ma ho sognato l’altro, quello della finestra, quello che mi fa scrollare le spalle. Poi oggi quando il maledetto subconscio era domato ho pensato alle porte, se aprirle, se lasciarle come sono.
Ho promessa a me stessa di ricordarmi che devo morire, penso che farsi prendere dall’entusiasmo per essere finalmente nello stesso posto possa giustificare un incontro, ma quanti altri fine settimana dovremo incontrarci prima di capire cosa dobbiamo fare con questa porta?
Ho ripreso ad ascoltare un po’ di Regina Spektor e ti lascio questa citazione…
“No, this is how it works / You peer inside yourself / You take the things you like / And try to love the things you took / And then you take that love you made / And stick it into some / Someone else’s heart / Pumping someone else’s blood / And walking arm in arm / You hope it don’t get harmed / But even if it does / You’ll just do it all again” (Regina Spektor – On the radio)